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380 parere dell’autore

modificandolo e rettificandolo, non m’è avviso che da ciò l’arte ne debba pur mai scapitare.

Da un tal metodo costantemente adottato in queste tragedie, elle ne sono anche riuscite piú brevi assai che nessune delle fatte da altri finora; e se elle sono, o pajono calde, è un bene che troppo non durino per non troppo stancare; se elle non lo sono, un bene maggiore sará la lor brevitá, perch’elle rechino minor tedio. E il breve, quando egli stia pure nei limiti del dato genere, io non lo reputo mai difetto.

Dalla soppressione assoluta d’ogni episodico incidente, d’ogni chiacchiera che non sviluppi passione, d’ogni operare che al termine per la piú breve non tragga, ne è derivata di necessitá la soppressione di tutti i personaggi non strettamente necessarissimi, e sotto un tale aspetto primarj. Ed in fatti, i personaggi secondarj, quelli cioè che non portano nell’azione un proprio importante motore, per cui essi pure raggruppino, impediscano, e spingano, e sviluppino l’azione; questi personaggi, ammessi che sono, non potranno dir mai, se non se cose inutili e fredde; e per quanto elle siano ben dette, siccome le dirá per bocca loro l’autore, riusciranno sempre per lo meno inopportune.

Facil cosa era ad altrui lo schernire questa riduzione de’ personaggi sino al numero di soli quattro; ma non credo che cosí facile fosse il valersene con qualche felicitá; ed anche senza felicitá nessuna, il tirarsi innanzi e il parlare comunque, durante i cinque atti, del solo soggetto senza ripetersi, certamente facil cosa non era. Alcuni dei gran maestri dell’arte, e tra gli altri Voltaire, hanno parlato di codesti personaggi secondarj, come di cosa da scemarsi, o da togliersi affatto. Voltaire nel suo Oreste si è in fatti proposto una tal soppressione, e ha creduto di averla eseguita. Lascio giudice ogni accurato lettore, se Ifísa, Pammene, e Pilade stesso, siano altro che personaggi secondarj nell’Oreste volteriano; se vi siano necessarj e operanti nell’azione; se cagionino in chi gli ascolta, o commozione, o freddezza.

Dicono alcuni, che nelle tragedie si debbano pure introdurre dei personaggi minori, per dare in tal guisa diverse tinte al poema, e non troppo stancar l’uditore. Rispondono altri, che le diverse tinte vi si troveranno giá per semplice forza di natura in ciascuno dei personaggi presi in se stessi, stante la diversitá dei gradi di passione per cui passano essi durante l’azione; e cosí le diverse tinte si ritroveranno pure fra l’un personaggio e l’altro, attese le