rifar, dannando ogni tua nuova legge
tu stesso; il seggio, onde scaduto sei
col tuo fuggirne, Sparta oggi ti rende.
Agesis. Agide...
Agide Madre, a te son figlio; or posa
secura in me. — Tu, che di Sparta in nome,
pur ch’io indegno men renda, il trono m’offri;
pregoti, al re Leonida in risposta
reca, ch’io seco favellar vorrei,
pria che in giudicio a Sparta innanzi io parli.
Agiz. Io pur ten prego, Anfare, vanne al padre,
e a ciò lo induci: a lui ritorna in mente,
che senz’Agide in vita ei non sarebbe;
ch’ei la diletta unica figlia sua
diede ad Agide in moglie...
Agide A lui null’altro
non rammentar, fuorché di Sparta entrambi
siam cittadini; e che il comun vantaggio
vuol, ch’ei mi ascolti.
Anfar. È dubbio assai, s’ei possa,
o venir voglia ad abboccarsi teco,
fin ch’ei non sa, se tu i proposti patti
nieghi, od accetti.
Agide In guisa niuna ei puote
negar d’udirmi, e nol vorrá. L’asilo
io per sempre abbandono; a me dintorno
corteggio nullo io vo’. — Spartani, ad alta
voce vel grido; io rimaner quí voglio,
solo, ed inerme, ed innocente. — 1 Il vedi,
Anfare, il vedi; il tempo, il loco, il modo,
opportuno or fia tutto. Io fra brev’ora
tornerò in questo foro; e quí non sdegni
venirne il re. Solo sarovvi; egli abbia
al fianco i suoi satelliti: veduti
- ↑ Il popolo si va allontanando, e disperdesi.