Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/97

Da Wikisource.

atto terzo 91
né sai fingerti buono.

Leon.   Or, che i tuoi sensi
tutti esponesti, anzi che a Sparta involi
te di bel nuovo il tempio, in carcer stimo
doverti io trarre. — Olá, soldati...
Agide   Io vado
securo in carcere, qual non sei tu in trono.
Sparta entrambi ci udrá; né meco a fronte
star potrai tu. — Se in carcere mi uccidi,
te stesso perdi; e il sai. Pensa, e ripensa;
a te salvare, a uccider me, niun mezzo,
che quel ch’io dianzi t’additai, ti resta.


SCENA TERZA

Leonida.

Io ’l tengo al fine. Inciampi molti, è vero,

e gran perigli incontro: eppur, vogl’io
quest’orgoglioso insultator modesto,
spegnere il voglio, anco in mio danno espresso.
Ma il trucidarlo è nulla, ove la fama
non gli si tolga pria: ciò sol può darmi
securo regno. — Ah! che pur troppo io ’l sento!
Né so dir come; anche al mio core un raggio
vero divino al suo parlar traluce,
e mel conquide quasi... Ah! no: mi squarcia,
mi sbrana il cuor, quella insoffribil pompa
di abborrita virtú. Pera ei: si uccida;...
s’anco è mestier, per spegner lui, ch’io pera.