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di vittorio alfieri 133


Deh, quanto ancor dell’aspra via m’avanza
Che a corre1 il vero alloro guidar debbe!
Aspra piú all’uom, quanto in piú fama ei crebbe
8 Caldo il cor di tenace alta costanza.
Ben non so s’io di Cirra2 ebro, o d’orgoglio,
Fossi il dí che stampai tragici carmi,
11 Di cui piú ch’altri io stesso, e in van, mi doglio:
Ma immaturi eran certo: onde a scolparmi,
Sudo or sovr’essi; e o dargli il fuoco io voglio,
14 O trargli a tal d’esser scolpiti in marmi.3


CXXXVI [cxxxv].4

Per il sepolcro del Tasso.

Del sublime cantore, epico solo,5
Che in moderno sermon l’antica tromba
Fea risuonar dall’uno all’altro polo,
4 Qui giaccion l’ossa, in sí negletta tomba?
Ahi Roma! e un’urna a chi spiegò tal volo
Nieghi; mentre il gran nome al ciel rimbomba?
Mentre il tuo maggior tempio al vile stuolo
8 De’ tuoi vescovi re fai catacomba?6


  1. 6. Corre, cogliere.
  2. 9. Cirra era il giogo di Parnaso abitato da Apollo; Dante (Par., I, 35 e seg.):
    Forse diretro a me con miglior voci
    Si pregherà perché Cirra risponda.
  3. 12-14... a scolparmi Sudo sovr’essi: «Mi sono poi ben convinto in appresso, quando io fui all’atto pratico di quella stampa che durò poi quasi tre anni, che atteso l’assiduo, e lunghissimo e tediosissimo lavoro che mi vi convenne di farvi sopra le prove, se poco era il fatto sino a quel punto, ove fossi mancato io, quello che lasciava sarebbe veramente stato un nulla, ed ogni fatica precedente a quella dello stampare era intieramente perduta, se quest’ultima non sopravveniva per convalidarla (Aut., IV, 17°). — A tal, a tal grado di perfezione.
  4. Dall’anno 1595 sino al 1857 il corpo del Tasso rimase senza quell’onore del quale era degno nel monastero di Sant’Onofrio, dov’era morto. A rimprovero dell’incuria nella quale eran tenute le ossa del maggior epico che avesse mai avuta l’Italia, l’A., che del Tasso era caldo ammiratore e delle sue ottave erasi, dal ’73 in poi, per dirla con le sue parole, inondato il cervello, compose l’otto settembre 1788 il presente sonetto; egli trovavasi allora, come sappiamo, a Parigi, ma, con tutta probabilità, la prima idea di scriverlo gli era sorta durante la sua dimora in Roma del 1777. Questo son. manca ad alcune ediz. posteriori a quella di Kehl; forse la Censura non ne permise la pubblicaz., per quegli accenni agli ecclesiastici indegnamente sepolti in San Pietro.
  5. 1. Similmente nel son. Quattro gran vati ed i maggior son questi.
  6. 7-8. La chiesa di San Pietro, la cui volta fu opera di Michelangelo, dove tanti ecclesiastici ebbero sepoltura. — Vescovi re, pontefici.