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158 rime varie


8 Con disusato ardito vol gli sprona.
Ben può sentenza il volgo dar su i vuoti
Armonïosi incettator d’oblío,
11 Di baje pregni, e al vero Apollo ignoti:1
Ma prezzar quelli, che il furor natío
Sforza a dir carmi a Verità devoti,2
14 Non l’osi, no, chi non è Vate, o Iddio.


CLIII.3

Alla madre.

Della pia, bene spesa, alta tua vita
Fia dunque ver, che il settantesim’anno,
Secura omai d’ogni terreno affanno,
4 Tu varchi,4 o Madre, a Dio già quasi unita?
Beata oh tu, che gli occhi a terra ardita
Rivolger puoi, scevri d’umano inganno!5
Né desío né rimorso a te mai danno
8 Gli scorsi lustri della età fornita.
Beata oh tu, che in alma speme acceso
Fisi intrepida il ciglio alle superne
11 Sedi, ove ognora fu il tuo spirto inteso!6
Su le sublimi tue tracce materne
Avessi io pur fervido il vol disteso,
14 Ch’or terrei sole cose esser le eterne!7


  1. 9-11. Il volgo può giudicare di coloro che, cantori di frivolezze (di baie pregni), non possono aspirare all’immortalità, ma, coi loro versi vuoti ed armoniosi, procacciano a se stessi l’oblio; allusione alla infinita schiera degli Arcadi, di cui solamente pochi son vivi oggi nella nostra memoria.
  2. 13. Devoti, sacri; si legga nella parte del Misogallo riferita nel séguito di questo volume il bellissimo son. alla Verità.
  3. Nel ms: «22 gennaio 1791, nelle Tuilleries».
  4. 4. Varchi, oltrepassi.
  5. 6. Scevri d’umano inganno, sicuri di non essere tratti in inganno dalle cose umane.
  6. 11. Inteso, vòlto.
  7. 12-14. Seguendo il tuo esempio, giudicherei che solo le cose celesti son degne di essere da noi desiderate: primo accenno, nel Canzoniere dell’A., ad un ritorno alla fede, dalla quale il Poeta era stato fino allora le mille miglia lontano.