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182 rime varie


Speme, i tuoi sogni a noi son util vero
O espresso danno o nullità1 gradita?
Io per me, troppo in mia sentenza intero,
8 Abborro te, qual Dea dubbia e scaltrita.2
Quel che in te s’immedesma e te fa desso,
Cui mal nascondi, il Paventar perenne,
11 Ogni tuo ben vuol d’infortunii messo:3
Pur, poiché mai niun uom da te si astenne,
Saggio è chi poco all’are tue sta presso
14 Che qual men le stancò piú assai ne ottenne.4


CLXXXIV.5

Confessa la propria incostanza in amore.

Qual radicata immobil rupe estolle6
Sull’onde immense la superba cima
Schernendo in vita l’impotente lima
4 Dei flutti il cui picchiar nulla ne tolle;7
Tal io vorrei (brama orgogliosa e folle)
Con mente immota e di sapere opima,8
Di niuna umana passïon far stima,
8 Dal petto esclusa ogni fiducia molle.9
Ma scoglio no, pieghevol canna o fiore
Mal securo in suo fievol breve stelo
11 Son io, ben so, qual chi obbedisce al core.
Arte nostra10 è il pensar: ma è don del cielo
Quel sentir che ci fa servi ad Amore,
14 Quel ch’io senza arrossir, Donna, ti svelo.


  1. 6. Espresso, manifesto — Nullità, larva senza consistenza.
  2. 8. In un epigramma per una statua della Speranza (Renier, Op. cit., 304): Sol per me non sei Dea.
  3. 9-11. Il continuo temere, che è una cosa sola con la speranza e la speranza una cosa sola con lui, vuole che ogni cosa sperata sia foriera d’infortuni.
  4. 14. Chi porse meno vóti all’altare di questa fallace dea, piú ne ottenne i favori.
  5. Già abbiamo detto, e piú d’una volta, che, nonostante la catena, ormai poteva proprio chiamarsi cosí, che lo legava alla Contessa, l’A., già maturo di età, vagò in cerca di nuovi amori. Ad una di queste passioncelle si riferisce una corona di sonetti che, dalla prima metà del ’96 (quello surriferito è del 17 febb.) giungono fino al sett. del ’97. Chi fosse l’alimentatrice della nuova fiamma è difficile dire, probabilmente una poetessa o almeno, come oggi dicono, una intellettuale, ma non certo quella Carolina Gavard, la cui conversazione l’A. frequentò assiduamente in un periodo della sua vita, secondo alcuni nel 1796, secondo altri, per me con miglior criterio, nel 1776 (Vegg. intorno a tale questione E. Piazza, V. A. e l’Accademia di Casa Gavard, in Giorn. st. del let. ital., XXXVIII, 364 e segg. Bertana, op. cit., 249 e seg.).
  6. 1. Estolle, eleva.
  7. 3-4. Schernendo il continuo percuotere dei flutti, che non sottraggono neppure una minima parte allo scoglio.
  8. 6. Opima, ricca.
  9. 8. Ogni fiducia molle; io intendo: ogni tenero affetto.
  10. 12. Nostra, de’ poeti.