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242 dalle «satire»


Ben so ch’ella Pedanti ha noi chiamati:1
Poi c’è venuto il Signorino al jube,2
15 Dopo i primi suoi versi canzonati. —
Don Buratto, pietà: sgombri ogni nube
D’ira grammatical dalla dott’alma,
18 «E armonizziamo in concordanti tube».3
Tardi, è ver, mi addossai la dura salma
Grammatical: ma non ch’io mai spregiassi
21 Del purgato sermon l’augusta palma:4
Bensí volgendo mal esperto i passi
Vèr la nuov’arte del dir molto in poco,5
24 Era mestier ch’io nuovamente errassi.
Quindi a molti il mio carme suonò roco,
Perch’ei piú aguzzo assai venía che tondo,
27 Sí che niegava ad ogni trillo il loco.6
Aspretto sí, ma non del tutto immondo
Era il mio stil; che in sottointender troppo
30 Fe’ sí che poco lo intendeva il mondo. —
Alto là: ch’al suo dir qui pongo intoppo;
Che biasmandosi parmi, ella s’incensi,
33 Scambiando il corto stil col parlar zoppo.7
Ai tanti uccisi Articoli ella pensi,8


  1. 16. Nel seg. epigramma, senza data, ma del 1783 (vegg. Renier, op. cit., LXXV e 280):
    Pedanti, pedanti
    Che fate voi?
    Ansanti, sudanti
    Stiam dietro a voi.
  2. 14. Al jube, al rendimento dei conti, a farsi giudicare da noi.
  3. 18. Verso, io credo, rifatto ad orecchio, ad imitazione di Dante.
  4. 19-21. . . . la dura salma Grammatical; nell’Autobiografia (IV, 1°): «Fatto il giuramento, m’inabissai nel vortice grammatichevole, come già Curzio nella voragine, tutto armato, e guardandola». Palma, nel senso di vittoria; merito.
  5. 23. A questo mirò sempre in specialissimo modo l’A. e mai non si stancò di condensare, di abbreviare, di sfrondare, sí da cadere parecchie volte nell’arido e nell’oscuro. Dice egli stesso a proposito del Filippo (Aut., IV, 2°): «Quel mio primo Filippo, che poi alla stampa si accontentò di annoiare il pubblico con soli 1400 e qualche versi, nei due primi tentativi pertinacemente volle annoiare e disperare il suo autore con piú di due mila versi, in cui egli diceva allora assai meno cose, che nei 1400 dappoi.»
  6. 22-27. Roco, aspro. — Perch’ei piú aguzzo etc., perchè feriva, molto piú che non lo accarezzasse, l’orecchio degli ascoltatori, dei lettori. Nella cit. lett. a Ranieri de’ Calzabigi: «A dire il vero, mi parve tale l’indole della lingua nostra, da non mai temere in lei la durezza, bensí molto la fluidità troppa, per cui le parole sdrucciolano di penna a chi scrive, di bocca a chi recita, e colla stessa facilità, da gli orecchi di chi ascolta».
  7. 33. Zoppo, difettoso, oscuro.
  8. 34. Già ne’ primi versi del Socrate era satireggiata questa abitudine alfieriana di sopprimer l’articolo: Platone dice:
    Patria! non patria tu; tal nome in vano
    Pretendi tu; di Socrate tu madre
    Indegna; a cittadin, che di te padre
    Nomar si debbe, e ben membrar lo dei
    Recar onta non temi! e ben piú grave
    Di morte è onta a Sofo.