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di vittorio alfieri 5


V [i 2].1

Parla una madre.

canzone

Ch’io ponga al duolo tregua?
Ch’io rassereni il ciglio?
Ah! voi che il dite, non perdeste un figlio;
Nè di madre l’amore
Voi conosceste mai! Non si dilegua
D’orba madre il dolore,26
Cui dolor nullo3 adegua.
Rasciugar non vo’ il pianto
Dagli occhi miei, se tanto4
Dir non mi ardisce un’altra genitrice
Al par di me infelice.11
Deh! per pietà lasciate,
Che tanto e tanto io pianga,
Che col mio figlio in tomba anch’io rimanga.
Ma, se qualche sollievo
Darmi or vi piace, meco lagrimate;
Altro non ne ricevo...17
Ovver di lui parlate.
Esca aggiungete ad esca:5
Fate ch’ei piú m’incresca.
Il duol di ch’io mi pasco in cui sol vivo,
Per voi6 sia in me piú vivo.22
Ditemi ch’ei vezzoso,
Di mille grazie adorno,
Pargoleggiando alla sua madre intorno,
Sol beata la fea.
Unica speme al padre or lagrimoso,
Dite com’ei crescea28


  1. Questo patetico lamento fu scritto a Siena nell’agosto del 1777, allorché morí un bimbo alla signora Maria Vaselli. Lo metterei fra le cose piú gentili dell’A., e mi pare che la mollezza e la cadenza del verso accompagnino assai bene l’onda dolorosa dei pensieri e dieno alla breve canzone l’andatura di una malinconica ninna-nanna.

    Le strofe di questa canzone sono cosí composte: abBcAcaddEe.

  2. 1-6. Opportunamente il Bertana (Op. cit., 27, in nota) avvicina il principio di questa canzone al principio di una lettera scritta il 3 di nov. dall’A. alla sorella Giulia per condolersi della morte di un unico suo figlio: «Non intraprendo qui a consolarvi con i soliti discorsi; una madre non si può consolare di un figlio unico, se non con lo sfogo di un giusto dolore e col tempo».
  3. 7. Nullo, nessuno.
  4. 9. Tanto, altrettanto, la stessa cosa.
  5. 19. Alimentate con le vostre parole il mio già cocente dolore.
  6. 22. Per voi, per opera vostra.