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di vittorio alfieri 51


Tu sei quel mostro rio, cui vita dienno1
Pingue ignoranza e scarno
6Timor,2 che il fuoco il piú sublime agghiaccia
Con sua squallida faccia.
Dispotismo t’appelli; e sei custode
Tu solo omai di nostre infauste rive,
Dove in morte si vive;3
11Dove sol chi per te combatte, è prode:
Dove alla infamia è lode,
E i falsi onor sembianza4
Veston di sacra alta virtude antica;
Dove sol presta la viltà baldanza;
Dov’è sol reo quell’uom che il vero dica.5

VII.6


Che canto io pace omai? Fia pace questa,
Mentre in armi rimane,
Né sa perché, l’una metà del gregge;7
Tremante l’altra e dubbia anco del pane,
Stupida, immobil resta?
6Fia libertà quella che or là protegge
Chi assoluto qui regge?8


  1. 4. Dienno per diedero è forma usata da Dante (Inf., XXI, 136):
    Per l’argine sinistro volta dienno.
  2. 5-6. Pingue ignoranza e scarno timor (cioè il timore che rende scarni) sono espressioni che richiamano il dotto vulgo e l’opulenza e il tremore dei Sepolcri del Foscolo.
  3. 10. Dove si vive una vita simile ad una continua morte.
  4. 13. «Il falso [onore] distinguerò dal vero, falsa chiamando quella brama d’onore, che non ha per ragione e per base la virtú dell’onorato, e l’utile vero degli onoranti; e vera all’incontro chiamerò quella brama d’onore, che altra ragione e base non ammette, se non la utile e praticata virtú» (Della Tirannide, I, 10°).
  5. 16. Cosí Perez, nel Filippo dell’A., sconta con la vita la colpa di aver proclamata e documentata l’innocenza di Carlo al cospetto del tiranno e de’ suoi cortigiani. In tutta la produzione lirica del nostro Poeta credo difficile trovar due strofe piú belle di questa e dell’altra che la precede, e piú efficacemente rappresentative.
  6. VII. Noi uomini del secolo xviii, dice l’A., siamo meschini in tutto, e perfino le parole han rimpicciolito il loro significato: chiamiamo stato di pace il permanere della tirannide da una parte, della miseria e della fame dall’altra; chiamiamo uomini liberi quelli che al di là dell’Oceano combattono per l’indipendenza degli S. U. e in Europa servono al dispotismo: guerra chiamiamo il ridicolo giuoco di due eserciti (il francese e l’inglese) che sfuggono ogni occasione di azzuffarsi: abbiamo infine perduta l’idea delle grandi cause della guerra, e oggi si combatte non per la libertà o per il desiderio di dominare, ma per l’importazione del thè. Questi pensieri trovano il loro compimento nell’ultima strofe, ove alle presenti guerre commerciali si oppone il ricordo di Maratona, delle Termopili e perfino dell’infausta giornata di Canne, alla presente pace la pace di Atene.
  7. 3. Il gregge, nel senso di uomini condotti ciecamente da una forza superiore: nell’Aut., (III, 9°), chiama armenti gli eserciti russi e prussiani che combatterono nel 1758 a Zorendorff.
  8. 6-7. Potremo noi chiamar libertà questa che là in America è protetta da chi in Europa governa dispoticamente?