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8 vittorio alfieri


XI (1777).

Avorio, latte, giglio, o qual più bianca
Cosa agguagliar, non che avanzar, potria
Il candor del bel petto, in cui la mia
4Vista non è pur mai sazia, nè stanca?

Quel che con vago errore, a destra, a manca,
Cadente manto apre ai desir la via,
Spesso di sè benigno almen mi sia,
8Che il suo cader l’egro cor mio rinfranca.

Oh mille volte più di me felice
Manto, che premi il delicato petto,
11Per cui, lasso, qual neve al Sol mi sfaccio!

A te serrarlo d’ogni intorno lice,
E un tanto ben goderti in te ristretto;
14A te quant’altre mai cose ch’io taccio!

XII.

Impresse alfin le ardenti labbia, impresse
Ho sulle ignude mani: or sì, che lena
Ripiglio al canto; or ch’io mi specchio in esse,
4Or che il fuoco m’è scorso entro ogni vena.

Man, v’ascondete già? Se a voi piacesse
Mostrarvi alquanto ancor; vi ho viste appena;
Siate fin ch’io v’ho pinte a me concesse,
8Poi, s’io vi pingo mal, ritolte in pena.

Come ritrar le braccia candidette,
La morbida sottil bianca manina,
11Le alabastrine dita agili schiette,

E quelle, ove la man con lor confina,
Vago nido d’amor dolci pozzette,
14Se crudo il guanto a danno mio s’ostina?