Indice:Alfieri - Rime varie (1903).djvu

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Vittorio Alfieri, Le rime varie e il poema L'Etruria vendicata di Vittorio Alfieri , Torino, Paravia, 1903. Fonte: Internet Archive

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<dc:creator opt:role="aut">Vittorio Alfieri</dc:creator>

<dc:title>Le rime varie e il poema L'Etruria vendicata di Vittorio Alfieri</dc:title> <dc:publisher>Paravia, Torino</dc:publisher> <dc:date>1903</dc:date>

Pagine dell'edizione

- - Occhiello - Frontespizio - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 - - - - - - -

Sommario

Le rime varie e il poema L'Etruria vendicata di Vittorio Alfieri	frontespizio

Rime varie	1

I (1776). Volea gridar, fuggir volea, ma vinto	3

II (1776). Braccia con braccia in feri nodi attorte	3

III (1776). Avviticchiati, ignudi, e bocca a bocca	4

IV. Dov'è, dov'è quella mirabil fonte	4

V (1777). Negra lucida chioma in trecce avvolta; / Greca fronte	5

VI (1777). Negra lucida chioma in trecce avvolta, / Donde nascoso Amor	5

VII (1777). Greca fronte nomar deggio, o divina	6

VIII (1777). Occhi, di voi direi cose non dette	6

IX (1777). Qual, qual sì fresca profumata rosa	7

X. Sonora voce, che soave fende	7

XI (1777). Avorio, latte, giglio, o qual più bianca	8

XII. Impresse alfin le ardenti labbia, impresse	8

XIII. Breve leggiadro piè, che snello snello	9

XIV (1777). Del sublime cantore, epico solo	9

XV. Uom, cui nel petto irresistibil ferve	10

XVI. Lunga è l'arte sublime, il viver breve	10

XVII. D'ozio, e di vino, e di vivande pieno	11

XVIII. Casta e bella del par, nè pur parole	11

XIX (1777). Vuota insalubre region, che stato	12

XX. Parte di noi, sì mal da noi compresa	12

XXI. Bieca, o Morte, minacci? e in atto orrenda	13

XXII. Negri, vivaci, e in dolce fuoco ardenti	13

XXIII (1778). S'io t'amo? oh donna! io nol diria volendo	14

XXIV. Tu m'ami? oh gioja! i tuoi raggianti sguardi	14

XXV. Adulto appena, alla festiva reggia	15

XXVI (1778). Già cinque interi, e più che mezzo il sesto	15

XXVII (1778). Tu sei, tu sei pur dessa: amate forme	16

XXVIII (1778). Ah! tu non odi il sospirar profondo	16

XXIX (1778). O di terreno fabro opra divina	17

XXX (1778). Cessar io mai d'amarti? Ah! pria nel cielo	17

XXXI (1778). E s'egli è ver, che allo stellato giro	18

XXXII. Che fia? mi par che in cielo il Sol sfavilli	18

XXXIII. Or sì, che m'ami, or non fallaci ho i segni	19

XXXIV (1778). Negri panni, che sete ognor di lutto	19

XXXV. Solo al girar d'un bel modesto sguardo	20

XXXVI. Che feci? oimè! da que' begli occhi un fiume	20

XXXVII. O leggiadro, soave, e in terra solo	21

XXXVIII. Vaghi augelletti, che tra fronda e fronda	21

XXXIX. Ecco già l'ora appressa, ond'io trar soglio	22

XL. Oggi ha sei lustri, appiè del colle ameno	22

XLI (1778). Apollo, o tu, cui le saette aurate	23

XLII. Galli, Russi, Britanni, e quanti mena	23

XLIII (1779). Qui Michel-Angiol nacque? e qui il sublime	24

XLIV. Se al fuoco immenso ond'io tutt'ardo il gelo	24

XLV. Quel già sì fero fiammeggiante sguardo	25

XLVI. Tu piangi? oimè! che mai sarà?... Ma questa	25

XLVII. Tempo già fu, cor mio, ch'ambe le chiavi	26

XLVIII (1779). Canzone. Le gravi e dolci cure	26

XLIX (178...). Canzone. Ch'io ponga al duolo tregua?	28

L. Anacreontica. In che ti offesi, o placido	29

LI. Stanze. Dimmi, Amore, colei che in roseo letto	31

LII. Stanze. O dolce mio pensier, sola mia cura	32

LIII (178...). Agil pié che non segni in terra traccia	33

LIV (1780). Lasso! che mai son io? che a lento fuoco	34

LV. Già un dolce fiato in su le placid'ale	34

LVI. Felice tu, mio messagger d'amore	35

LVII. Sole, di un mesto velo tenebroso	35

LVIII (1781-1783). L'America libera	36

Ode prima	36

Ode seconda	40

Ode terza	43

Ode quarta	46

Ode quinta	50

LIX (1781). Oh! chi se' tu, che maestoso tanto	53

LX (1781). Immensa mole, che nel ciel torreggi	54

LXI. Non più scomposta il crine, il guardo orrendo	54

LXII (1783). O gran padre Alighier, se dal ciel miri	55

LXIII (1783). Dante, signor d'ogni uom che carmi scriva	55

LXIV (1783). Chi mi allontana dal leggiadro viso?	56

LXV (1783). Ecco, sorger dall'acque io veggo altera	56

LXVI (1783). O di gentil costume unico esempio	57

LXVII (1783). O cameretta, che già in te chiudesti	57

LXVIII (1783). È questo il nido, onde i sospir tuoi casti	58

LXIX (1783). «Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori»	58

LXX (1783). Non giunto a mezzo di mia vita ancora	59

LXXI (1783). Deh! quando fia quel dì bramato tanto	59

LXXII (1783). Ad ogni colle che passando io miro	60

LXXIII (1783). Ma, se un dì mai, quella in cui vivo amando	60

LXXIV. Malinconìa, perchè un tuo solo seggio	61

LXXV. Alta è la fiamma che il mio cuor consuma	61

LXXVI. Là dove solo un monticel si estolle	62

LXXVII. Che mai sarà? quel solo mio conforto	62

LXXVIII. Un muover d'occhi tenero e protervo	63

LXXIX (1783). Fido, destriero mansueto e ardente	63

LXXX. Era l'ora del giorno, in cui l'estive	64

LXXXI. Te chiamo a nome il dì ben mille volte	64

LXXXII. Oh quai duo snelli corridori alati	65

LXXXIII. Qual vive, qual dei due corsieri ha palma?	65

LXXXIV. Tutto vestito in negre nubi il Cielo	66

LXXXV (1783). Nobil città, che delle Liguri onde	66

LXXXVI (1783). Italia, o tu che nulla in te comprendi	67

LXXXVII. Vittima (oimè) di violenti e stolte	67

LXXXVIII (1783). Chi vuol laudare la mia donna, tace	68

LXXXIX. Io d'altro tema in ver vorria far versi	68

XC (1783). Deh! dove indarno il vagabondo piede	69

XCI (1783). So che in numero spessi, e in stil non rari	69

XCII (1783). Rapido fiume, che d'alpestre vena	70

XCIII (1783). Ecco ecco il sasso, che i gran carmi al cielo	70

XCIV. «Chiare, fresche, dolci acque», amene tanto	71

XCV. Non pria col labro desioso avea	71

XCVI (1783). Mentr'io più mi allontano ognor da quella	72

XCVII (1783). Tanta è la forza di ben posto amore	72

XCVIII (1783). Là dove muta solitaria dura	73

XCIX. Se all'eterno fattor creder potessi	73

C. Quel grande, che fatale a Roma nacque	74

CI. Quel benedetto dì che origin diede	74

CII (1783). Io vo piangendo, e nel pianger mi assale	75

CIII (1783). Tu il sai, donna mia vera, e il sai tu sola	75

CIV. Non di laudarti sazio mai, nè stanco	76

CV (1783). Fole, o menzogne, ai leggitor volgari	76

CVI (1783). D'arte a Natura ecco ammirabil guerra	77

CVII (1783). Il cor mel dice, e una inspiegabil nera	77

CVIII (1783). L'arte, ch'io scelsi, è un bel mestier, per dio	78

CIX (1783). Due fere donne, anzi due furie atroci	78

CX. S'io men servo d'Amor viver sapessi	79

CXI. «Il peggio è viver troppo»; e il sepper molti	79

CXII (1783). Tante, sì spesse, sì lunghe, sì orribili	80

CXIII. Tacito orror di solitaria selva	80

CXIV (1783). Deh, che non è tutto Toscana il mondo!	81

CXV (1783). Siena, dal colle ove torreggia e siede	81

CXVI. Se l'alternar del mal col ben fia pari	82

CXVII (1784). Narrar sue pene ed esser certo almeno	82

CXVIII. A tardo passo, al sospirato loco	83

CXIX (1784). Di destrier giovincelli un bel drappello	83

CXX (1784). Ed ella pure in nobili corsieri	84

CXXI. Or dal Tebro al Tamigi andarne errante	84

CXXII (1784). Varcate ha l'Alpi: ah! me n'avveggio: muta	85

CXXIII. O di me vera unica donna, e puoi	85

CXXIV (1784). Di là dall'Alpi appena, ove si trova	86

CXXV (1784). Quel tetro bronzo che sul cuor mi suona	86

CXXVI (1784). Le pene mie lunghissime son tante	87

CXXVII. Tempo già fu, ch'io sovra ognun beato	87

CXXVIII. Due Gori, un Bianchi, e mezzo un arciprete	88

CXXIX. Amore, Amor; godi, trionfa e ridi	88

CXXX. Ciò che il meglio si appella e vuol più lode	89

CXXXI (1784). Capitolo a Francesco Gori-Gandellini, su la custodia dei cavalli	89

CXXXII (1784). L'Arno già, l'Appennino, e il Po mi lasso	94

CXXXIII. Quattrocent'anni, e più, rivolto ha il cielo	94

CXXXIV (1784). Lontano (ohimè!) già mesi, e mesi, e mesi	95

CXXXV (1784). Donna, or più giorni son che a caldo sprone	95

CXXXVI. Ingegnoso nemico di me stesso	96

CXXXVII (1784). Per questi monti stessi, or son due lune	96

CXXXVIII. Era di maggio il quarto giorno, e l'ora	97

CXXXIX. Quel dolor ch'io provai caldo ed immenso	97

CXL. Qui, il chiaro fiume, che il Germano e il Gallo	98

CXLI. Dodici volte in mar l'astro sovrano	98

CXLII (1784). Il giorno, l'ora, ed il fatal momento	99

CXLIII. Posto avea di mia vita assai gran parte	99

CXLIV (1784). Oh più assai che Fenice amico raro	100

CXLV. Oltre all'ottavo lustro un anno appena	100

CXLVI (1784). Era l'amico, che il destin mi fura	101

CXLVII. Deh! torna spesso entro a' miei sogni, o solo	101

CXLVIII. Eccomi solo un'altra volta, e in preda	102

CXLIX. Donna mia, che di' tu? ch'io men dolente	102

CL. Deh! perdona: ben sento; era a noi forza	103

CLI. Tigro-pezzato Achille, o tu che pegno	103

CLII. Presso al loco ove l'Istro è un picciol fonte	104

CLIII. Mi vo pingendo nella fantasia	104

CLIV. Non che per mesi ed anni, anche per ore	105

CLV. Di quanti ha pregi la mia donna eccelsi	105

CLVI. Mezzo dormendo ancor domando: Piove?	106

CLVII (1785). Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva	106

CLVIII. Io credea, ch'oltre l'Alpi ambo tornati	107

CLIX (1785). Scevro di speme e di timor, languisco	107

CLX (1785). Mesto son sempre; ed il pianto, e la noja	108

CLXI. Chi 'l disse mai, che nell'assenza ria	108

CLXII. Quel mio stesso Frontin, ch'io già vantai	109

CLXIII. Si disse, io 'l seppi, e dirsi anco dovea	109

CLXIV. Achille mio, perchè con guizzi tanti	110

CLXV. Ai Fiorentini il pregio del bel dire	110

CLXVI (1785). Già son dell'Alpi al più sublime giogo	111

CLXVII. Oh qual mi rode e mi consuma e strugge	111

CLXVIII. Su questa strada io giva in questo legno	112

CLXIX (1786). Sempre ho presente quell'atto soave	112

CLXX (1786). Donna, l'amato destrier nostro il Fido	113

CLXXI (1786). Tenace forza di robusta fibra	113

CLXXII (1786). Fra queste antiche oscure selve mute	114

CLXXIII. Duro error, che non mai poscia si ammenda	114

CLXXIV. S'io men mia donna amassi, o men le Muse	115

CLXXV. Non fu sì santo, nè benigno Augusto	115

CLXXVI (1786). Crudel comando! e per pietà l'ho dato	116

CLXXVII (1786). Non bastava, che lungo intero il verno	116

CLXXVIII (1786). Podagra acerba, che sì ben mi mordi	117

CLXXIX (1786). Gran pittrice è Natura. Oh amabil vaga	117

CLXXX. Quattro gran vati, ed i maggior son questi	118

CLXXXI (1786). Il gran Prusso tiranno, al qual dan fama	118

CLXXXII. L'idioma gentil sonante e puro	119

CLXXXIII (1786). Candido cor, che in sul bel labro stai	119

CLXXXIV. Piacemi almen, che nel vagar mio primo	120

CLXXXV. Sublime specchio di veraci detti	120

CLXXXVI (1786). Donna, s'io cittadin libero nato	121

CLXXXVII (1787). Misera madre, che di pianto in pianto	121

CLXXXVIII. Se vuoi lieto vedermi, un crudo impaccio	122

CLXXXIX. Donna, deh, mira il nostro buono Achille	122

CXC (1787). Bella arte-fatta selva, in cui sen vanno	123

CXCI (1787). Dubbio, per me più crudo assai che morte	123

CXCII (1787). Ciò che agl'Itali spesso a torto ascritto	124

CXCIII (1787). Morte già già mi avea l'adunco artiglio	124

CXCIV. Èmmisi chiusa alfin l'inferi porta	125

CXCV. Chi 'l crederia pur mai, che un uom non vile	125

CXCVI. Oh stolta in ver mia giovenil baldanza	126

CXCVII (1787). Madre diletta mia, deh! non ti piaccia	126

CXCVIII (1787). Compie oggi l'anno, ch'io dell'Arno in riva	127

CXCIX. Sperar, temere, rimembrar, dolersi	127

CC. Dolce a veder di giovinezza il brio	128

CCI (1789). Tosto ch'io giunga in solitaria riva	128

CCII (1789). Lento, steril, penoso, prosciugante	129

CCIII (1789). Un vecchio alato, e una spolpata donna	129

CCIV (1789). L'Attica, il Lazio, indi l'Etruria, diero	130

CCV (1789). Non, perch'egli sia gelo, il verno biasmi	130

CCVI (1789). «Un cantar, che nell'anima si senta»	131

CCVII (1789). Bello ed util del par, fervido Ordigno	131

CCVIII (1789). Parigi sbastigliato	132

Introduzione	132

Ode	133

CCIX. Capitolo ad Andrea Chénier a Londra	139

CCX (1790). Del dì primier del nono lustro mio	141

CCXI (1790). Volubil ruota, infaticabilmente	142

CCXII (1790). «Sogno è, ben mero, quanto al mondo piace»	142

CCXIII (1790). Amar se stesso, è di Natura legge	143

CCXIV (1790). E carmi e prose in vario stil finora	143

CCXV (1790). Io, che già lungi di mia donna in meste	144

CCXVI (1790). Quanto più immensa, tanto men fia audace	144

CCXVII (1790). Bianco-piumata vaga tortorella	145

CCXVIII (1790). Poeta, è nome che diverso suona	145

CCXIX (1791). Della pia, bene spesa, alta tua vita	146

CCXX (1791). Greca, al ciglio, alle forme, al canto, al brio	146

CCXXI (1791). Già la quarta fiata (ultima forse)	147

CCXXII (1791). Un Vecchio, in bianca veste alto splendente	147

CCXXIII (1791). Se pregio v'ha, per cui l'un Popol deggia	148

CCXXIV (1792). Per queste orride selve atre d'abeti	148

CCXXV (1792). Per la decima volta or l'Alpi io varco	149

CCXXVI (1792). Oh brillante spettacolo giocondo	149

CCXXVII (1794). Mentr'io dell'Arno in su la manca riva	150

CCXXVIII (1794). Beata vita ogni uom quella esser crede	150

CCXXIX (1794). Tardi or me punge del Saper la brama	151

CCXXX (1794). Fin dalla etade giovanil mia prima	151

CCXXXI (1794). Cose omai viste, e a sazietà riviste	152

CCXXXII (1794). Queruli (è vero) i mediocri affanni	152

CCXXXIII (1794). Feroce piange in su l'amico estinto	153

CCXXXIV (1794). E' mi par jeri, e al terzo lustro or manca	153

CCXXXV (1794). Sagacemente, e con lepor, dicea	154

CCXXXVI (1794). Candido toro, in suo nitor pomposo	154

CCXXXVII (1795). Del mio decimo lustro, ecco, già s'erge	155

CCXXXVIII (1795). In cor mi avrei tarda e risibil voglia	155

CCXXXIX (1795). Ed io pure, ancorchè dei fervidi anni	156

CCXL (1795). «Quanto divina sia la lingua nostra»	156

CCXLI (1795). Uom, che barbaro quasi, in su la sponda	157

CCXLII (1795). Discordia stride dalla Eolia gente	157

CCXLIII (1795). Io mi vo vergognando infra me stesso	158

CCXLIV (1795). Bella, oltre l'arti tutte, arte è ben questa	158

CCXLV (1795). Favola fosse, o storia, o allegoria	159

CCXLVI (1795). Pregno di neve gelida il deforme	159

CCXLVII (1795). Tutto è neve dintorno: e l'Alpi, e i colli	160

CCXLVIII (1795). L'adunco rostro, il nerboruto artiglio	160

CCXLIX (1795). L'obbedir pesa, e il comandar ripugna	161

CCL (1795). Alto, devoto, mistico ingegnoso	161

CCLI (1795). Uom, di sensi, e di cor, libero nato	162

CCLII (1795). Uom, che devoto a Libertà s'infinge	162

CCLIII (1795). Donna, s'io sol di me cura prendessi	163

CCLIV (1795). Pieno il non empio core e l'intelletto	163

CCLV (1796). Speme, il cui ratto ingannator pensiero	164

CCLVI (1796). Quando fia, quando mai quel dì beato	164

CCLVII (1796). Qual radicata immobil rupe estolle	165

CCLVIII (1796). Bioccoli giù di Marzolina neve	165

CCLIX (1796). Dialogo fra l'Autore e Nera Colomboli fiorentina	166

CCLX (1796). Tutte no, ma le molte ore del giorno	166

CCLXI (1796). Io 'l giurerò morendo, unica norma	167

CCLXII (1796). Di sangue egregia, in signoril ventura	167

CCLXIII (1796). Non compie un lustro ancor, da ch'io pur dava	168

CCLXIV (1796). Donna, o tu che all'età vegnenti appresti	168

CCLXV (1796). Alla sig.^a Teresa Mocenni in morte del cavaliere Mario Bianchi	169

CCLXVI (1797). Asti, antiqua Città, che a me già desti	169

CCLXVII (1797). All'abate Tommaso di Caluso su la morte della Principessa di Carignano	170

CCLXVIII (1797). Chiuso in se stesso, e non mai solo, il Saggio	170

CCLXIX (1797). Al sig. Francesco Saverio Fabre	171

CCLXX (1798). Di giorno in giorno strascinar la vita	171

CCLXXI (1798). Qualch'anni, o mesi, o giorni, o forse anch'ore	172

CCLXXII (1798). Malinconia dolcissima, che ognora	172

CCLXXIII (1798). Povero, e quasi anco indigente, or vuoi	173

CCLXXIV (1798). Già il ferétro, e la Lapida, e la Vita	173

CCLXXV (1798). Non t'è mai Patria, no, il tuo suol paterno	174

CCLXXVI (1798). S'io nel comun dolore, allor che tutti	174

CCLXXVII. Teleutodia	175

L'Etruria vendicata	181

Canto I	183

Canto II	200

Canto III	213

Canto IV	225

Appendice	241

I. O leggiadretta man, ch'almo lavoro	243

II. Oh qual mi aggrada il dilicato viso	243

III. Rapida fugge qual saetta a volo	244

IV. Parve infida, o se il vuoi la man pur l'era	244

V. Odo un suon: ma ben l'odo o vanegg'io?	245

VI. Dunque in narrarti il mio stato infelice	245

VII. Il dì presso che tutto appien divisi	246

Indice	247