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Pagina:Alfieri - Rime varie (1903).djvu/151

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rime varie 145


CCXVII (1790).

Bianco-piumata vaga tortorella,
Ch’or, su la mia fenestra il vol raccolto,
Ti stai dolce-gemente in tua favella,
Fisa i raggianti occhietti entro il mio volto;

Che vorresti pur dirmi, o tu sì bella?
Mira, a mia posta anch’io ti guardo e ascolto;
Che messaggera d’amorosa stella,
Certo ver me le rapid’ali hai sciolto. —

A te, che amor per lunga prova intendi,
Nè per prospera sorte il cor ti smalti,
A te vengh’io narrar miei lutti orrendi. —

Deh! basta; intesi: ah, sola sei! già gli alti
Strali mi passan del pianto che imprendi:
Già piango, e tremo che il tuo duol mi assalti.

CCXVIII (1790).

Poeta, è nome che diverso suona
Appo genti diverse in varia etade;
Onde, or nel limo vilipeso ei cade,
Or l’uom dal mortale essere sprigiona.

Ma uman giudizio torre o dar corona
Mal può d’un’arte, che divina invade
Gli almi suoi mastri, e alle superne strade
Con disusato ardito vol gli sprona.

Ben può sentenza il volgo clar su i vuoti
Armonïosi incettator d’oblìo,
Di baje pregni, e al vero Apollo ignoti:

Ma prezzar quelli, che il furor natío
Sforza a dir carmi a Verità devoti,
Non l’osi, no, chi non è Vate, o Iddio.


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