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146 vittorio alfieri


CCXIX (1791).

Della pia, bene spesa, alta tua vita
Fia dunque ver, che il settantesim’anno,
Secura omai d’ogni terreno affanno,
Tu varchi, o Madre, a Dio già quasi unita?

Beata oh tu, che gli occhi a terra ardita
Rivolger puoi, scevri d’umano inganno!
Nè desìo nè rimorso a te mai danno
Gli scorsi lustri della età fornita.

Beata oh tu, che in alma speme acceso
Fisi intrepida il ciglio alle superne
Sedi, ove ognora fu il tuo spirto inteso!

Su le sublimi tue tracce materne
Avessi io pur fervido il vol disteso,
Ch’or terrei sole cose esser le eterne!

CCXX (1791).

Greca, al ciglio, alle forme, al canto, al brio,
Soavemente maestosa io veggio
Beltà, che trarre dall’etereo seggio
Potrebbe in terra il magno Olimpio Dio.

Mentre, tutto occhi, attonito resto io,
Nè so se di adorarla osar pur deggio;
Mentre in un sacro tremito vaneggio,
Non prevedendo scampi al morir mio;

Eccola in fogge mille, oneste e vaghe,
Con bell’arte atteggiarsi: or viva pietra
Sta, dal gran Fidia sculta; or l’opre maghe

Di Apelle imíta; or lieta, or grave, or tetra,
Divina ognor; nè sai qual più ti appaghe:
Stupore immenso i riguardanti impietra.