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70 vittorio alfieri


XCII (1783).

Rapido fiume, che d’alpestre vena
Con maestà terribile discende,
Da tergo io lascio; e il mio pensiero intende
Là dove l’aura è ancor sacra e serena.

Oh di qual dolce fremito ripiena
L’anima in me di fiamma alta s’incende!
Nulla omai, fra brev’ora, a me contende,
Che al gran fonte di Sorga io prenda lena.

Deh quante volte, per quest’orme istesse,
Il divin vate alla sua chiusa valle
Pien d’amorose cure il piè diresse!

Vieni (ei mi grida) il buon sentier non falle
A chi davver tutte speranze ha messe
Di gloria e amor pel disastroso calle.

XCIII (1783).

Ecco ecco il sasso, che i gran carmi al cielo
Innalzan più, che la sua altera fronte.
Quindi il bel fiumicel d’amore ha fonte,
Sacro, a par del Castalio, al Dio di Delo.

Nobile invidia, e ch’io perciò non celo,
Qui mi punge in pensar, che al mondo conte
Fea queste spiagge, e le bell’acque, e il monte,
D’un amante cantor l’ardente zelo.

S’io non men d’esso, e in non men chiaro foco
Ardo, e cantando, in pianto mi consumo,
Fama alla donna mia niegherà loco?

Deh! se in tuo caldo verseggiar mi allumo,
Gran cigno, e se al mio dire ognor t’invoco,
Non di me, il vedi, ma in te sol presumo.