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Pagina:Alfieri - Rime varie (1903).djvu/90

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84 vittorio alfieri


CXX (1784).

Ed ella pure in nobili corsieri
Trova or diletto; ond’essi omai le danno
Soli un qualche ristoro al crudo affanno,
Cui divisi portiam già gli anni interi.

E i miei piacer son tutti a lei piaceri:
Non già ch’io il voglia, o ch’io vi adopri inganno;
Amore il vuol, per cui comun sempre hanno
Ogni gioja e dolor gli amanti veri.

Ma, s’io nel petto le inspirai vaghezza
Pur d’una cosa al mondo, in me ben mille
Ne infondea del suo cor la innata altezza.

Ella incende di gloria in me faville:
Da lei l’aspra mia lira ottien dolcezza;
E, se in me son virtudi, ella nudrille.

CXXI.

Or dal Tebro al Tamigi andarne errante,
Stolto! credendo addietro il duol restasse,
Or dal Tamigi al Tebro, a cui mi trasse
Sol dell’alta mia donna il bel sembiante:

Or muover ratte, ed or tarde le piante;
Ora in voci alte, ora in tremanti e basse
Narrando irle mie’ guai, quasi ascoltasse
Flebil parola di lontano amante:

Or temere, or sperare, e pianger sempre:
Da sette e sette lune, ecco in qual vita
Convien che il mio cor misero si stempre.

Per più mio danno, ella è d’Italia uscita,
Or ch’io per lei vi torno; e in dure tempre
Ragion mi svolge d’onde Amor m’invita.