Pagina:Alfieri - Rime varie (1903).djvu/28

Da Wikisource.
22 vittorio alfieri


XXXIX.

Ecco, già l’ora appressa, ond’io trar soglio
Alcun conforto al mio viver penoso;
L’ora, ch’è sola a me pace e riposo,
Di cui, tarda al venire, ognor mi doglio.

Appressa, è ver, ma per mi dar cordoglio;
Ch’oggi è quel dì ch’irne al mio ben non oso,
E intero il deggio trapassare ascoso;
Tal v’ha ragion, che mal mio grado io il voglio.

Intero un dì! Nè per varcar ch’io faccia
Monti, rivi, selvagge erme foreste,
Punto avvien che il mio duolo in me si taccia.

Solo un pensier m’è vita; ed è; che queste
Balze, al novello Sole, e questa traccia
Ricalcherò con piante assai più preste.

XL.

Oggi ha sei lustri, appiè del colle ameno
Che al Tanaro tardissimo sovrasta,
Dove Pompeo piantò sua nobil asta,
L’aure prime io bevea del dì sereno.

Nato e cresciuto a rio servaggio in seno,
Pur dire osai: Servir, l’alma mi guasta;
Loco, ove solo un contra tutti basta,
Patria non m’è, benchè natío terreno.

Altre leggi, altro cielo, infra altra gente
Mi dian scarso, ma libero ricetto,
Ov’io pensare e dir possa altamente.

Esci dunque, o timore, esci dal petto
Mio, che attristasti già sì lungamente;
Meco albergar non dèi sotto umil tetto.