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Rime varie (Alfieri, 1903)/LXXXVII. Vittima oimè di violenti e stolte

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LXXXVII. Vittima (oimè) di violenti e stolte

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LXXXVII. Vittima (oimè) di violenti e stolte
LXXXVI. Italia o tu che nulla in te comprendi LXXXVIII. Chi vuol laudare la mia donna tace

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LXXXVII.

Vittima (oimè!) di vïolenti e stolte
Leggi, per cui col buono il rio s’innesta,
Mena i suoi giorni in orrida tempesta
Colei, che ha in sè tutte virtudi accolte.

Io già l’udía ben mille e mille volte
Piangendo dire, in suo dolor modesta:
S’altri è pur lieto di mia vita mesta,
L’aspre catene mie non sien mai sciolte. —

Qual moglie mai, qual madre era a te pari
Se tu, avvinta a gentil degno compagno,
Figli a lui davi numerosi e cari?

Ma il mondo tristo, e l’inuman guadagno,
Che fa increscer le figlie ai padri avari,
Son la cagion del nostro inutil lagno.