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98 vittorio alfieri


CXL.

Qui, il chiaro fiume, che il Germano e il Gallo
Sì lungo tratto irríga, afforza, e parte,
Per lo gran lago senza fondo, ad arte,
Passa intatto, qual raggio per cristallo.

Ben è sua viva vena altro metallo,
Che l’onde morte in questo stagno sparte;
Da cui quant’ei più sa rapido parte,
Per emendar di sua tardanza il fallo.

Tale per mezzo all’età nostra oscura,
Che ad ogni nobil opra è morto stagno,
Passa la donna mia soletta e pura.

Sol degli occhi bramosi io l’accompagno;
Che il sentier di virtù ratta e secura
Scorre ella sì, che addietro io resto, e piagno.

CXLI.

Dodici volte in mar l’astro sovrano
Tuffò il bel carro, e dodici n’è sorto,
Da che il volo drizzai ver l’alto porto
Di pace, altrove ricercata in vano.

E, se il fermo sperar non torna vano,
Pria che il dì terzodecimo sia morto,
A nuova vita io mi vedrò risorto,
Mercè i belli occhi e il volto sovrumano.

Mancan poch’ore a così immensa gioja,
Cui quanto oppresso più, men creder oso;
E temo il punto, e m’è il protrarlo noja.

Eppur mi è dolce lo stato amoroso,
In cui par mille volte il dì si muoja,
E il temer meno, chiamasi riposo.