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rime varie 99


CXLII (1784).

Il giorno, l’ora, ed il fatal momento
In cui, dolce mio amico, io ti lasciava;
E quell’estremo abbraccio, ch’io ti dava,
(Chi l’avrìa detto estremo!) ognor rammento.

Io men partia col cor pieno e contento,
Com’uom che a riveder sua donna andava;
Oh rie vicende di fortuna prava!
Pria che il mese volgesse, eri già spento.

Infra gioje d’amanti intanto ell’era
(Quasi del nostro amor doppiasse i nodi)
La tua santa amistà, gioja primiera. —

Or va; di ben verace in terra godi!
Ecco a noi giunta è la novella fera:
Noi ti chiamiam piangendo, e tu non ci odi.

CXLIII.

Posto avea di mia vita assai gran parte
Nella soave tua schietta amistade;
E mi sei tolto in assai verde etade,
Mentr’io credei per pochi dì lasciarte!

Dalla tua propria man vergate carte
Mi fean vivere in tutta securtade;
Quando, improvviso, come il fulmin cade,
Giunge la nuova che lo cor mi parte.

Chi pensato l’avrebbe? in dirti addio,
Era l’estremo! e rivederti io mai
Più non doveva in questo mondo rio!

Ma, sugli occhi pur troppo ognor mi stai;
E vie più caldo accendi in me il desìo
Delle virtù, che in te solo trovai.