Pagina:Alfieri - Rime varie (1903).djvu/147

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rime varie 141


Ma tu che fai tra i liberi Britanni,
La cui pur mesta taciturna faccia
Delle dense lor nebbie addoppia i danni?
Non v’è fra i dotti lor uom che ti piaccia?
Ciò avvien, perchè da quelli è d’uopo a stento
Uncinar la risposta che t’agghiaccia.
Si apparecchia costà, per quel ch’io sento
Pel risanito Re pomposa festa:1
Ben di letizia è ricco l’argomento.
Maraviglia davver fu espressa questa
(Tale ai saggi almen par), non ch’ei trovasse
Ma ch’ei smarrir potesse un Re la testa.
Se ne rallegri or dunque Londra, e passe
Il bel nuovo miracolo ai futuri,
Per tornagusto a quei ch’un Re noiasse.
Tu scaccia intanto i pensamenti oscuri;
E allo scriver sol pensa, a scriver nato;
Chè non è cosa al mondo altra che duri.
Amami; e riedi ove ognor sei bramato.


CCX (1790).

Del dì primier del nono lustro mio
Già sorge l’alba. Ecco, prudenza e senno
Siedonmi al fianco; e in placid’atto e pio,
A una gran turba di sgombrar fan cenno.

Le audaci brame, e l’ire calde, e il brio
Giovenil, che all’errar norma mi dienno;
Ed altri ed altri i di cui nomi oblio,
Tutti or dan loco: ed obbedir pur denno.

Ma, nè pur segno di voler ritrarsi
Fanno due alteri, il cui tenace ardore
Par che col gel degli anni osi affrontarsi:

Poesia che addolcisce e innalza il core
Vuol meco ancor, scinto il coturno, starsi;
E, sotto usbergo d’amistade, Amore.



  1. Il re Giorgio III regnante, per una non so qual malattia, diede volta al cervello, e rimase alcuni mesi affatto fuor di sè. Il dotto trattamento fattogli da esperti medici lo ripristinò poi perfettamente in salute ed in quella mente stessa ch’egli avea avuta prima dell’ammalarsi.