Ah sì, per quanto labile
Sia l’esser nostro, io pur gli sguardi addentro
Nell’avvenir palpabile:
E scerno (o spero) la più tarda gente
(Poichè sol uno e stabile
Sempre fia ’l ver dell’uman cuore in centro)
Al mio pianger piangente,
Se avverrà mai che in denso ampio teatro
Una qualch’abil Mirra o Elettra o Alceste
Scolpisca il dolor atro,
Ond’io forse impregnai lor voci meste.
Ma di mia cetra orbato,
Pago di sogni or fia che intanto io reste,
Muto aspettando il non lontan mio fato.