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rime varie 153


CCXXXIII (1794).

Feroce piange in su l’amico estinto,
Lagrime piange di dolore e d’ira,
L’alto Pelíde, in cui Némesi spira
Sue Furie sì, che il di lui giuro han vinto.

L’asta infallibil, ecco, e il già discinto
Scudo afferrando, i sanguigni occhi ei gira
Dove infra’ Teucri Ettórre andarsen mira
D’alta baldanza di vittoria cinto.

Patróclo e Achille una sola alma in due
Fummo; e il saprai; l’eroe gridando, vola
Alato ei più che le minacce sue.

Giunge, combatte, e vita e palma invola
A chi pur dianzi insuperabil fue.
Coll’altrui pianto Achille il suo consola.

CCXXXIV (1794).

E’ mi par jeri, e al terzo lustro or manca
Pur solo un anno, o Donna mia, dal giorno
In cui per queste spiagge a te dintorno
Io mi venìa aggirando a destra e a manca.

In pia magion, dal sofferir tu stanca,
Racchiusa t’eri, e ten piacea ’l soggiorno;
Poich’ivi al fin, d’aspro marito a scorno,
Pace avevi che sola il cor rinfranca.

Ma non l’aveva io già mia pace allora,
Non mai potendo a te venir da presso;
Onde assai lagrimar vedeami Flora.

Cangiò il destino: in questo loco istesso,
Lieti e securi e indivisibili ora,
I guai trascorsi esilariam noi spesso.