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rime varie 161


CCXLIX (1795).

L’obbedir pesa, e il comandar ripugna,
Chi l’alma pura e libera si sente:
Spesso (e invan) l’uom dell’imperar si pente;
L’altro, più spesso ancor, tuo senno impugna.

In sì fatale inevitabil pugna,
In cui del pari è il vincitor perdente,
Che farai tu, se armato eri e di mente
Alta, e di fiera non flessibil ugna? —

Dove men varie e men tacenti leggi
Un qualche albergo passeggier si avranno,
Passeggiera ivi pur tua stanza eleggi.

Cotale usando a servitude inganno,
Se fra discordi brame non ondeggi,
Viver puoi forse col minor tuo danno.

CCL (1795).

Alto, devoto, místico ingegnoso;
Grato alla vista, all’ascoltar soave;
Di puri inni celesti armonïoso
È il nostro Culto; amabilmente grave.

Templi eccelsi, in ammanto dignitoso,
Del cuor dell’uomo a posta lor la chiave
Volgono; e il fanno ai mali altrui pietoso,
Disferocito da un Iddio ch’ei pave.

Guai, se per gli occhi e per gli orecchi al core
Vaga e tremenda in un d’Iddio non scende
L’immago in noi: tosto il ben far si muore.

Dell’uom gli arcani appien, sol Roma intende:
Utile ai più, chi può chiamarla Errore?
Con leggi accorte, alcun suo mal si ammende.


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