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176 vittorio alfieri


Antistrofe I.


Ma, se innalzar vieppiù dolci canore
Suol (com’è fama) al bel Caístro in riva
Le finali sue voci,
Pria che dell’almo suon l’aura abbia priva,
Candido cigno che cantando muore;
Così, mentre veloci
Del mio canto omai fuggon le ultim’ore
(Pur che là, Febo, il vogli),
Fors’io nell’atto in che il tuo don ti rendo,
L’etrusca lira che tu a me non togli,
Forse ch’io pur vieppiù suonante ascendo
Ove non mai per sè giungean mie note,
Mercè il gran nume tuo che il tutto puote.

Epodo I.


Odo un muggito orribile:
Scosso nel delfic’antro il suol traballa:
Già mi si fa visibile
Dalla squarciata in duo sacra cortina
La Sibilla terribile,
Fonte del vero a chi costretta avralla.
Alma face divina
Le avvampa in fronte: l’alitante petto
Gonfio trabocca dell’ardente Iddio:
E il suo rabido aspetto
E infra frementi labbia il muto urlío
Mi perturba e m’infiamma
Sì, che fatto esser parmi e son più ch’io,
Nè in me di sano omai riman pur dramma.

Strofe II.


«Che vuoi?» Grida ella in spaventevol suono.
Non le rispondo io, no: bensì le afferro
Con ambe man la mano;
E tra minace e supplice mi atterro,
Qual uom che i di lei detti anéla in dono.