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212 | vittorio alfieri |
Che or qui lo attendi, già non gli hai tu detto:
E a sua magion dianzi affrettando il piede,
Morte volgendo entro al bollente petto,
Vestivi il volto di mentita fede.
Dunque fingesti, e fingi: e chi può schietto
Appresentarsi ove tiranno siede?
Servirlo, amarlo, favellargli è fraude
Più vil che il trucidarlo, e ottien men laude.
Or, se col sir finger de’ sempre il servo,
Fingasi; ma vittoria ampia se n’abbia.
Vanne; riedi alla madre: ivi il protervo
Fia tratto in breve da lasciva rabbia:
In man lo avrai fatto di tigre cervo;
E il purgherai tu dalla immonda scabbia.
Così fia spento quel pestifero angue,
E l’onte e il sangue laverai col sangue.
Nulla più aggiungo; vanne: ivi opportuna
Occasïon del vendicarti avrai:
Lussuria, e tosto, ammenderà fortuna,
E recherà al tiranno ultimi guai.
Quivi aspettalo: altrove ognor digiuna
Tua fera sete rimarrebbe omai.
Qui tacque l’ombra, e sua gran forma fuse:
L’igneo fumo sparì: l’onda si chiuse.