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Rime varie (Alfieri, 1903)/LVIII. L'America libera/Ode quarta

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L'America libera - Ode quarta

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LVIII. L'America libera - Ode terza LVIII. L'America libera - Ode quinta

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ODE QUARTA.

Commenda il General Washington.

I.


Tu, rapitor del fulmine celeste
Già fin da’ tuoi verdi anni,
Ch’or con più ardire e non minore ingegno
Apportatrici di più lunghi affanni
Saette ai buoni infeste
Tolte hai di man di terren Giove indegno
D’aver sui forti regno;
Tu, vivo ancor fra’ semidei già posto,
Francklin, padre, consiglio, anima, mente
Di libertà nascente;
Tu mi sii scorta al canto: ho in te riposto
Speme, che di nascosto
Dramma d’etereo foco,
Ond’hai tu il tutto, entro il mio petto or spiri;
Sì che, se laude in te più non ha loco,
Nel tuo Secondo audacemente io miri.

II.


Ma dove a vol, dove mi ha ratto l’alta
Accesa fantasia?
Ecco a me spalancarsi, ecco le grotte
Di Tenaro, là dove ampia dan via,
Chi il cor d’acciar si smalta,

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A profondarsi entro la eterna notte.
Febo, d’abisso rotte
Per me le leggi, oltre mi spinge: io scendo;
E il can trifauce e la negr’onda e il fero
Spaventoso nocchiero
Dietro mi lascio io già; già lieto intendo
Dove non più d’orrendo
Pianto saettan strali;
Già sono io là del dolce Lete in riva,
Dove in mille color fiori immortali
Fan argin lento all’acqua fuggitiva.

III.


Ecco, là dove ei torce il molle giro,
Seder sul destro lato
A consiglio fra lor poche ma grandi
Alme, già figlie di benigno fato,
Che or dal mondo spariro.
Tu che sangue Affrican cotanto spandi,
Scipio; e tu che ne mandi
Tant’alme schiave a Stige, ove combatti
Per libertade infra mortali strette;
E tu che hai l’onde infette
Di sangue in Salamina; e tu che abbatti
Il Cimbro; e tu che a patti
Di servitù negasti
Vita in Utica a te; con altri forti
Di gloria ascritti ai sempiterni fasti;
Chi fia che a voi doglia sì immensa porti?1

IV.


Una donna, già altera, or lagrimosa
Veggio e supplice starsi
Dinanzi a voi, le dure sue vicende
Narrando; e ognun di voi nel volto farsi
Più che infiammata cosa...
«Sì, Dea, sì; tutto ad invasarne or scende
«Quel che a bell’opre incende
«Sacro furore onde a noi larga fosti.
«Se, del tuo nume pieni, alla adorata

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«Patria nostra oppressata2
«Acquistar libertà contro gl’ingiusti
«Assalitor vetusti
«Nostra virtù poteo;
«Ciò che a noi desti allor, ti rendiam ora:
«Ogni tuo don che noi più di noi feo,
«Riprendi, aduna e il tuo campion ne onora.»

V.


Sì disser quelli: e Libertà togliea
Dell’uno il fero brando;
Dell’altro l’ampio impenetrabil scudo:
Qual di sublime gioia lagrimando
Suo ardire a lei rendea:
Qual del sagace antiveder fea nudo;
Qual del non troppo crudo
Contro a’ tiranni mai sdegno feroce;
Qual del pronto eseguir; qual del gran senno
Che usare i duci denno;
Qual della marzïal tonante voce,
Che all’assalir veloce
Anco sforza il codardo.
Così, poich’ella i pregi tanti ottenne,
Tutti velò del pregio di quel tardo
Ma invitto che Anniballe a bada tenne.

VI.


Oh come ratte l’ali al vol dispiega
Di sua nobile preda
Lieta la Diva, oltre ogni dir splendente!
Giunta è già donde mai non fia che rieda,
Là dove in forte lega
Stanno valor, costanza, ed innocente
Costume, e voglia ardente
Di morir mille volte anzi che sola
Una servire. Al capitan che in pregio
Ivi sovr’ogni egregio
Stassi, mentr’egli ad ogni onor s’invola
Sotto modesta stola,

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Il multiplice dono
Reca ella: e in lui più capitan sovrani
Ecco ristretti con bell’ordin sono. —
Deh quanto i vostri sforzi, Angli, or fien vani!

VII.


Insolentir, perchè più numer sete,
Già vi vegg’io da prima:
Che pro? se chiuso entro al suo vallo il duce,
De’ suoi ch’egli a ragion uomini estima
Serba le vite, e miete
Senza sangue lo allòr che più riluce,
Finchè sorga la luce
Che scorrer veggia il vostro ov’ei v’investa. —
Così ben anni, ancor che presto a morte,
Stassi nel campo il forte
Per la patria far salva; a cui non resta,
Se a perir mai vien questa,
Altra gente nè altr’arme.
Oh bene speso indugio! Ecco consunto
Il compro ardir Britanno esser già parme;
Ecco, ecco al fin di libertade il punto.

VIII.


Esci, Washington, esci: ecco l’istante
Ove scontar le offese
Ai traditor di libertà farai.
Tra le guerriere memorande imprese
Nulla starà davante
A questa tua. Già incontro all’oste vai
Recando ultimi guai. —
Oh dell’uman tuo cor vittoria degna!
Poca è la strage: e intero intero hai stretto
Il men crudo che inetto
Nemico stuol, sì che depor la insegna
E il brando a lui convegna
E l’onor, se mai n’ebbe,
E la baldanza, che pur tanta ell’era. —
Or sia che vuol (ma pace esser dovrebbe),
Mai non vedrai, gran duce, ultima sera.



Note

  1. Varianti: Chi fia che a voi la immensa doglia apporti?
  2. Varianti: «Patria nostra inceppata.