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rime varie 167


CCLXI (1796).

Io ’l giurerò morendo, unica norma
Sempre esser stato il core al compor mio,
Cui mai servil menzogna non deforma,
Nè doppio scopo, o pueril desío.

Rapida innanzi passami la torma
De’ molti scritti, in cui sbagliai fors’io;
Ma da ignoranza il loro errar s’informa,
Non da malizia; e testimon n’è Iddio.

Muto e sepolto il mio nome si giaccia,
Pria di quest’ossa annichilato in tomba,
S’io non cercai del vero ognor la traccia.

Cigno, non l’oso io dir, bensì colomba
Dovrà nomarmi (ove di me non taccia)
Quella ch’eterna l’uom coll’aurea tromba.

CCLXII (1796).

Di sangue egregia, in signoril ventura
Tu pur fra gli agj omai mezza la vita
Trascorsa avevi, o Donna mia, secura
Contra ogni stral di povertà sgradita.

Sorta è la vil tirannide, che fura
A tutti tutto; e ognor vieppiù s’irríta
Quanto più impingua la sua prole oscura,
Che ai delitti, famelica, la invita.

Ricchi fummo, or siam poveri; e tra poco,
Mendici forse anco saremo, o Donna,
Prosperando sì ben dei servi il giuoco.

Strugger può inedia la terrestre gonna;
Non di noi spegner, no, quel nobil fuoco,
Che sol delle ben nate alme s’indonna.