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rime varie 33


Eppur (nuovo d’amor miracol strano)
Io d’ira pien, l’ira raffreno in petto,
E piacevol mi mostro in volto umano
Del tuo tiranno all’abborrito aspetto:
Mentre, s’io udissi il mio trasporto insano,
Sapria ben ei qual chiude in seno affetto;
Ei, con suo danno, al paragon vedria,
Qual di noi degno di ottenerti sia.

Ma, poichè a far tuoi dì meno infelici
Giova ch’io soffra e taccia, abbiti in dono
Quanti moti potran le Furie ultrici
Destarmi in cor, dove han perpetuo trono;
Dove, di nuove pene aspre inventrici,
Dì e notte intente a tormentarmi sono.
Io soffrirò, tacendo; e, pria che dire,
Tu mi vedrai di rabbia e duol morire.

Ma, non ti do del non temer parola:
Solo in pensar, che preda sei di un vile,
Cui tua beltade ed innocenza sola
Oppor tu puoi con pazïenza umíle,
Parmi ch’uom v’abbia ognor, che in su la gola
Minaccioso mi tenga ignudo stile.
Nè mai per me tanto tremar poss’io,
Quanto in pensare a un tuo destin sì rio.


LIII (178...).

Agil pié che non segni in terra traccia,
Sì lieve lieve, in mille guise elette,
Armonïose scaltre carolette,
Intrecci, onde ogni cuor vinto si allaccia;

O sia tu spicchi un breve vol, che faccia
Intorno intorno tremolar le aurette;
O sien tue mosse al suolo in se ristrette,
Fervide e triste, ch’una l’altra caccia:

A tue bell’arti campo esser vorria,
Non venal palco infra inesperto coro,
Ma verde piaggia, ove smaltato pria

Natura avesse di vermiglio e d’oro.
Il gran Giove mirarti ivi dovria
Danzar fra le tre Grazie, e vincer loro.


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