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rime varie 165


CCLVII (1796).

Qual radicata immobil rupe estolle
Sull’onde immense la superba cima
Schermendo in vita l’impotente lima
Dei flutti il cui picchiar nulla ne tolle;

Tal io vorrei (brama orgogliosa e folle)
Con mente immota e di sapere opima,
Di niuna umana passïon far stima,
Dal petto esclusa ogni fiducia molle.

Ma scoglio no, pieghevol canna o fiore
Mal securo in suo fievol breve stelo
Son io, ben so, qual chi obbedisce al core.

Arte nostra è il pensar: ma è don del cielo
Quel sentir che ci fa servi ad Amore,
Quel ch’io senza arrossir, Donna, ti svelo.

CCLVIII (1796).

Bioccoli giù di Marzolina neve
Veggio venirne impetüosi al suolo;
Che, meta appena dan quivi al lor volo,
Già sciolta è in fango lor bianchezza breve.

Tali il Mondo limoso in sè riceve
Le candid’alme, che l’etereo polo
Talor vi scaglia; ai tristi invido duolo,
Se tosto il lor fetor quelle non beve.

Ma duol ne han rado i tristi, e spessa gioja:
Che, delle mille, l’una a stento sfugge,
La cui tenace purità non muoja.

Schernita quindi, ogni virtù si strugge,
Sì il morboso contatto la impastoja;
Ovver, sola ed intatta, indarno rugge.