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136 VITA DI VITTORIO ALFIERI


[1767] e barbarie del fabbricato; la risibile pompa meschina delle poche case che pretendono a palazzi; il sudiciume e goticismo delle Chiese; la Vandalica struttura dei teatri d’allora; e i tanti e tanti e tanti oggetti spiacevoli che tutto dì mi cadeano sott’occhio, oltre il più amaro di tutti, le pessimamente architettate facce impiastrate delle bruttissime donne; queste cose tutte non mi venivano poi abbastanza rattemperate dalla bellezza dei tanti giardini, dall’eleganza e frequenza degli stupendi passeggi pubblici, dal buon gusto e numero infinito di bei cocchi, dalla sublime facciata del Louvre, dagli innumerabili e quasi tutti buoni spettacoli, e da altre sì fatte cose.

Continuava intanto con incredibile ostinazione il mal tempo, a segno che da 15 e più giorni d’Agosto ch’io aveva passati in Parigi, non ne aveva ancora salutato il Sole. Ed i miei giudizi morali, più assai poetici che filosofici, si risentivano sempre non poco dell’influenza dell’atmosfera. Quella prima impressione di Parigi mi si scolpì sì fortemente nel capo, che ancora adesso, (cioè z3 anni dopo) ella mi dura negli occhi e nella fantasia, ancorchè in molte parti la ragione in me la combatta e condanni.