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EPOCA TERZA. CAP. XI. |
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mente e con verità, e vi imparo di più le funeste [1771] e risibili particolarità del rivale palafreniere, di cui leggo il nome, l’età, la figura, e l’ampissima confessione da lui stesso fatta al padrone. Io ebbi a cader morto ad una tal lettura;, ed allora soltanto riacquistando la luce della mente, mi avvidi e toccai con mano, che la perfida donna mi avea spontaneamente confessato ogni cosa dopo che il gazzettiere, in data del Venerdì mattina, Tavea confessata egli al pubblico. Perdei allora ogni freno e misura, corsi a casa sua, dove dopo averla invettivata con tutte le più amare furibonde e spregiami espressioni, miste sembre di amore, di dolor mortalissimo, e di disperati partiti, ebbi pure la vii debolezza di ritornarvi qual- che ore dopo averle giurato ch’ella non mi rivedrebbe mai più. E tornatovi, mi vi trattenni tutto quel giorno; e vi tornai il susseguente, e più altri,finche risolvendosi essa di uscir d’Inghilterra, dove eli’era divenuta la favola di tutti, e di andare in Francia a porsi per alcun tempo in un monasteró, io l’accompagnai, e si errò intanto per varie provincie dell’Inghilterra per prolungare di stare insieme, fremendo io e bestemmiando dell’esservi, e non me ne potendo pure a niun conto separare. Colto