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EPOCA TERZA. CAP. XIV. 239


savano sole in quei Reggimenti di Milizie Provinciali [1774] in cui avea preso servizio. Il Colonnello volle ch’io ci pensassi dell’altro prima di chiedere per me codesta dimissione; accettai per civiltà il suo invito, e simulando di avervi pensato altri quindici giorni, la ridomandai piò fermamente, e l’ottenni.

Io frattanto strascinava i miei giorni nel serventismo, vergognoso di me stesso, nojoso e annojato, sfuggendo ogni mio conoscente ed amico, su i di cui visi io benissimo leggeva tacitamente scolpita la mia obbrobriosa dabbenaggine. Avvenne poi nel Gennajo del 1774 che quella mia Signora si ammalò di un male di cui forse poteva esser io la cagione, benché non intieramente il credessi. E richiedendo il suo male ch’ella stesse in totale riposo e silenzio, fedelmente io le stava a piè del letto seduto per servirla; e ci stava dalla mattina alla sera, senza pure aprir bocca per non le nuocere col farla parlare. In una di queste poco certo divertenti sedute, io mosso dal tedio, dato di piglio a cinque 0 sei fogli di carta che mi caddero sotto mano, cominciai così a caso, e senza aver piano nessuno, a schiccherare una Scena di una non so come chiamarla, se Tragedia, 0 Commedia, se d’un sol atto, o di cin-