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quinta 97

La visione tenera diffuse
     Tal in me gaudio, ch’io lagrime sparsi
     546Fra dolce invidia, e fra pietà confuse;
E volto a lei, ch’io vidi in atto starsi
     D’accennarmi il sentier della bell’Alma
     549Cui grazia e virtù diér tant’alto alzarsi,
Dissi: Tu dunque alla celeste palma
     M’inviti? tu che sai, che ognor io tenni
     552Lo spirto servo dell’indocil salma?
Come avverrà, ch’io l’ali pigre impenni
     Là dove Puritade aurea s’annida
     555Per la difficil via, che tu m’accenni?
Deh, non il piè, ma l'intelletto or guida
     A saper come in ciel di Dio s’invogli
     558Sempre, e gioisca in Dio l’Alma a lui fida,
Tal che mentre il gran bujo a me tu sciogli
     E sì divina idea nel sen m’avvivi,
     561Le amate immagin vili il cor si spogli.
Ella rispose: Ai puri Spirti privi
     Del terren velo apresi il lume immenso,
     564Non a te, che fra speme e fede or vivi.
Che se ancor tu pensassi quel ch’io penso,
     Nel giorno eterno avría notte, e non luce
     567Il tuo pensier fuor di sua lena estenso.
Al ver, che fra le sacre ombre traluce,
     T’affida, e il segui; e alle tue voglie strane
     570Sia questo il freno, e alle migliori il duce.
Già le ricchezze scorgi, o amare, o vane,
     Per cui, bench’altri più s’orni o s’ingemme,
     573Non rompe il corso alle vicende umane.
Vedi, ch’ove il mar trae l’oro e le gemme,
     Spesso anche il tosco formidabil porta,
     576Che d’orror n’empie i golfi e le maremme.