Colle rote ne’ cerchj aurei fastose
Presso era il carro condottier del sole 12L’orme del Cancro a ricalcar focose,
Quando rapito io fui, non già qual suole
Per impeto avvenir nuovo talvolta, 15Che ai sensi l’Alma sè medesma invole;
Pur, nol so, fui rapito, e tratto in folta
Selva, e in piaggia mal nota, e da gravoso 18Aere non puro opacamente involta.
In quell’orrida parte, ove dubbioso
Fra i densi rami entra, e furtivo il giorno, 21Era, cred’io, beltate il rozzo e ombroso.
Misto sorgea fra l’elci fosche adorno
Di docil chioma il tiglio, e la profonda 24Radice il tasso avviticchiava all’orno;
Mentre i cipressi la funerea fronda
Più lugubre rendean coll’ombra errante 27Del ghiandifero cerro, e dell’immonda
D’umor viscoso abete, a cui davante
Inordinate ergeansi querce antiche 30Già domatrici del gran mar d’Atlante:
Ingombravan il ciel poscia le amiche
Piante de’ lidi sterili e del colle, 33E dell’umide terre e delle apríche;
Chè il platano frondoso al pioppo molle
Intrecciava le braccia, e l’alno forte 36Curvava il salcio, sovra cui s’estolle:
Le vie segnavan disuguali e torte
Greppi di fitti cárpeni, e di spine 39Sparse fra vecchie ai tronchi ellere attorte;
E all’occhio, ovunque a sè scegliea confine,
Verde ognor bruno offrían l’erbe e le fronde, 42Rotto sol da spumanti acque vicine,