Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/250

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Dopo tai detti il putrido e smembrato
     Suo corpo in rimirar, dolce sorrise;
     447E certa in sè del trionfal suo stato
Soggiunse poi: Guaste quantunque e incise
     Dai vermi, o Spoglie mie, non rimarrete
     450Eternamente già da me divise;
Benché fracide, esangui, ah! voi mi siete
     Tenera cura ancor. Grazie vi rendo,
     453Che nel terren tumulto umìli e quete
Tolleraste il mio fren duro piangendo.
     Ma il vostro lutto cangerassi in nuove
     456Fonti di gioja meco, ov’io risplendo.
Altri più vaghi obbietti, ed altre prove
     Del ben, che immaginar non fia ch’Uom possa.
     459Vi colmeran d’altre delizie altrove.
Tacque; e ondeggiar sembrò la tomba scossa,
     Qual di zefiro al fiato un roseo scuole
     462Cespo, e festose n’esultaron l’ossa.
Allora oltre i sentier liberi al sole
     Il Ciel l’ultime sfere a lei scoperse;
     465E fra il suon delle Angeliche parole,
E fra un nembo di fior, che la coperse,
     Sibilo d’aura leve in lei s’infuse,
     468Che all’aperte di Dio braccia l’offerse,
E del piacer nel vortice la chiuse.