Movendo il pie ne’ verdi campi errante
Suggean dai fior più guasti il velen dolce, 252Che inebbria il cor d’immondi paschi amante;
Ch’ivi l’un l’altro ognor conforta e folce
Su quelle vie di morte, e i lunghi affanni 255Con alterna empietade allevia e molce.
Miseri! Che non mai per volger d’anni,
Nè per tuonar fra nubi atre di fitto 258Struggitor nembo odian gli antichi inganni;
Ch’eglin anzi, se avvien che alcun trafitto
Da folgore improvvisa in cener vada, 261Scherzan fra l’arso busto e il vil delitto.
Nè, perchè un ríamato Amante cada
Ne’ precipizj dell’eterno lutto, 264Che infiniti apre in sè l’oscura strada,
L’altro ricusa il venenato frutto;
Ma in ricercar nuov’esca aggiunge moto 267De’ pensier pravi al tempestoso flutto;
Chè il trascorrere il mar sordido a nuoto
Fra scogli e secche, e senza scorta e lume 270È il solo e iniquo lor tríonfo, e voto.
Quindi volgendo per fatal costume
Gli occhi al fallace Adone, e a Dio le spalle, 273Gridan: Adone è il piacer sommo, e il Nume;
E l’esecrata voce in ogni calle
Rigogliosa s’aggira, e la ripete 276Con raddoppiato suon tutta la valle.
L’aere maligno, e le tenébre liete
Per la viva degli atti immagin molle 279Già m’infiammavan d’amorosa sete,
E il Duce, che in me lesse il desir folle,
Tempo è, gridò, ch’altro a’ tuoi sguardi surto 282Foco t’ammorzi quel che in cor ti bolle;