Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/193

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Dialogo Quarto. 181

cautela, che tanto effendo alia diffidenza vicina, non ci fa troppo onore? Fgìi non intende, replicai io, parlare che delle buone qualità de_ varj meli. Ma non amerefte voi meglio, che noi contribuiamo più tofto alla formazion del perfetto Fiioibfo,U rehgiofa attenzione de" noftri Cicisbei? Io ne conofeo uno, ripigliò ella a dire, e voi ancora, che le la Dama fójf<? la Filofofu, egli farebbe un Nevvton per quello conto. Quelli, foggiuns’iojl’attenzion porterebbe a quell’eminente gndo di fu perdizione, a cui l’à innalzata un Fiiìco, che tra i precetti dell’Arte pone il notare equamente, quando fi fa una fperienza, il paefe, l’anno, e il giorno, in cui fi fa, il vento che fpira, il grado di calore, e di ’liceità dell’aria, ed altre limili cofe, le quali in certi cafi ponno aver luogo, anzi Tono aflolutamente necelfarie in alcuni, ma in certi altri non veggo a qual cofa montino, non importando nulla per guardare una carta di due colori col prifma, fe Tramontana fpiri, o Seilocco, fe ila d’Autunno, o di Primavera, fette, o i venti del raefe. Un cotal Fifico non fai ebbe egli come un’Antiquario, che vopialle la cornice dell’Ifcrizione, coll’efattezza medefima dell’Ifcrizione ireflà? La’ Medicina, ripigliò ella, u è quali che fpogliata de’ pregiudizj di enervare certi punti di Luna per dare t fuoi medicamenti, e forfè che per fare le fue fpejtenze rivellir vuolfene la Fifica, acciocché e non radano a male, e ve ne fu:fempre nel Mondo appreffo a poco la medefima dofe.

Egli è vero però, rifpos’io, che dalla diligenza,