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Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/191

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CANTO VIII

     Era giá l’ora che volge il disio
ai navicanti e ’ntenerisce il core
3lo dí c’han detto ai dolci amici addio;
     e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
6che paia il giorno pianger che si more;
     quand’io incominciai a render vano
l’udire, e a mirare una de l’alme
9surta che l’ascoltar chiedea con mano.
     Ella giunse e levò ambo le palme,
ficcando li occhi verso l’oriente,
12come dicesse a Dio ‛ D’altro non calme ’.
     ‛ Te lucis ante ’ sí devotamente
le uscío di bocca e con sí dolci note,
15che fece me a me uscir di mente;
     e l’altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l’inno intero,
18avendo li occhi a le superne rote.
     Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
ché ’l velo è ora ben tanto sottile,
21certo che ’l trapassar dentro è leggero.
     Io vidi quello esercito gentile
tacito poscia riguardare in sue
24quasi aspettanto, pallido e umíle;
     e vidi uscir de l’alto e scender giúe
due angeli con due spade affocate,
27tronche e private de le punte sue.
     Verdi come fogliette pur mo nate
erano in veste, che da verdi penne
30percosse traean dietro e ventilate.