Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/210

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204 la divina commedia

     Vedea Briareo, fitto dal telo
celestial, giacer da l’altra parte,
30grave a la terra per lo mortal gelo:
     vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,
armati ancora, intorno al padre loro,
33mirar le membra de’ Giganti sparte.
     Vedea Nembròt a piè del gran lavoro
quasi smarrito, e riguardar le genti
36che ’n Sennaár con lui superbi foro.
     O Niobè, con che occhi dolenti
vedea io te segnata in su la strada,
39tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!
     O Saúl, come in su la propria spada
quivi parevi morto in Gelboè,
42che poi non senti pioggia né rugiada!
     O folle Aragne, sí vedea io te
giá mezz’aragna, trista in su li stracci
45de l’opera che mal per te si fe’.
     O Roboam, giá non par che minacci
quivi ’l tuo segno; ma pien di spavento
48nel porta un carro, senza ch’altri il cacci.
     Mostrava ancor lo duro pavimento
come Almeon a sua madre fe’ caro
51parer lo sventurato adornamento.
     Mostrava come i figli si gettaro
sovra Sennacherib dentro dal tempio,
54e come morto lui quivi lasciaro.
     Mostrava la ruina e ’l crudo scempio
che fe’ Tamiri, quando disse a Ciro:
57«Sangue sitisti, e io di sangue t’empio».
     Mostrava come in rotta si fuggiro
li Assiri, poi che fu morto Oloferne,
60e anche le reliquie del martiro.
     Vedea Troia in cenere e in caverne:
o Ilión, come te basso e vile
63mostrava il segno che lí si discerne!