Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/285

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purgatorio - canto xxviii 279

     Tutte l’acque che son di qua piú monde,
parríeno avere in sé mistura alcuna,
30verso di quella, che nulla nasconde,
     avvegna che si mova bruna bruna
sotto l’ombra perpetua, che mai
33raggiar non lascia sole ivi né luna.
     Coi piè ristetti, e con li occhi passai
di lá dal fiumicello, per mirare
36la gran variazion de’ freschi mai;
     e lá m’apparve, sí com’elli appare
subitamente cosa che disvia
39per maraviglia tutto altro pensare,
     una donna soletta che si gía
cantando, e scegliendo fior da fiore
42ond’era pinta tutta la sua via.
     «Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore
ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti
45che soglion esser testimon del core,
     vegnati in voglia di trarreti avanti»
diss’io a lei «verso questa riviera,
48tanto ch’io possa intender che tu canti.
     Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
51la madre lei, ed ella primavera».
     Come si volge, con le piante strette
a terra e intra sé, donna che balli,
54e piede innanzi piede a pena mette,
     volsesi in su i vermigli ed in su i gialli
fioretti verso me, non altrimenti
57che vergine che li occhi onesti avvalli;
     e fece i preghi miei esser contenti,
sí appressando sé, che ’l dolce suono
60veniva a me co’ suoi intendimenti.
     Tosto che fu lá dove l’erbe sono
bagnate giá da l’onde del bel fiume,
63di levar li occhi suoi mi fece dono: