Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/323

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paradiso - canto ii 317

     volta ver me, sí lieta come bella,
«Drizza la mente in Dio grata,» mi disse
30«che n’ha congiunti con la prima stella».
     Pareva a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
33quasi adamante che lo sol ferisse.
     Per entro sé l’eterna margarita
ne ricevette, com’acqua recepe
36raggio di luce permanendo unita.
     S’io era corpo, e qui non si concepe
com’una dimensione altra patío,
39ch’esser convien se corpo in corpo repe,
     accender ne dovría piú il disio
di veder quella essenza in che si vede
42come nostra natura e Dio s’unío.
     Lí si vedrá ciò che tenem per fede:
non dimostrato, ma fia per sé noto
45a guisa del ver primo che l’uom crede.
     Io risposi: «Madonna, sí devoto
com’esser posso piú, ringrazio lui
48lo qual dal mortal mondo m’ha remoto.
     Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo, che lá giuso in terra
51fan di Cain favoleggiare altrui?»
     Ella sorrise alquanto, e poi «S’elli erra
l’opinion» mi disse «de’ mortali
54dove chiave di senso non disserra,
     certo non ti dovríen punger li strali
d’ammirazione omai, poi dietro ai sensi
57vedi che la ragione ha corte l’ali;
     ma dimmi quel che tu da te ne pensi».
E io: «Ciò che n’appar qua su diverso,
60credo che fanno i corpi rari e densi».
     Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso
nel falso il creder tuo, se bene ascolti
63l’argomentar ch’io li farò avverso.