E io: «Maestro, i tuoi ragionamenti
mi son sí certi e prendon sí mia fede, 102che li altri mi saríen carboni spenti.
Ma dimmi, de la gente che procede,
se tu ne vedi alcun degno di nota; 105ché solo a ciò la mia mente rifiede».
Allor mi disse: «Quel che da la gota
porge la barba in su le spalle brune, 108fu, quando Grecia fu di maschi vota
sí ch’a pena rimaser per le cune,
augure, e diede ’l punto con Calcanta 111in Aulide a tagliar la prima fune.
Euripilo ebbe nome, e cosí ’l canta
l’alta mia tragedia in alcun loco: 114ben lo sai tu che la sai tutta quanta.
Quell’altro che ne’ fianchi è cosí poco, Michele Scotto fu, che veramente 117de le magiche frode seppe il gioco.
Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
ch’avere inteso al cuoio ed a lo spago 120ora vorrebbe, ma tardi si pente.
Vedi le triste che lasciaron l’ago,
la spola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine; 123fecer malíe con erbe e con imago.
Ma vienne omai; ché giá tiene ’l confine
d’amendue li emisperi, e tocca l’onda 126sotto Sibilia, Caino e le spine;
e giá iernotte fu la luna tonda:
ben ten de’ ricordar, ché non ti nocque 129alcuna volta per la selva fonda».
Sí mi parlava, e andavamo introcque.