Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/97

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inferno - canto xxi 91

     Ma quel demonio che tenea sermone
col duca mio, si volse tutto presto,
105e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!»
     Poi disse a noi: «Piú oltre andar per questo
iscoglio non si può, però che giace
108tutto spezzato al fondo l’arco sesto;
     e se l’andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta:
111presso è un altro scoglio che via face.
     Ier, piú oltre cinqu’ore che quest’otta,
mille dugento con sessantasei
114anni compié che qui la via fu rotta.
     Io mando verso lá di questi miei
a riguardar s’alcun se ne sciorina:
117gite con lor, che non saranno rei».
     «Traiti avante, Alichino, e Calcabrina,»
cominciò elli a dire «e tu, Cagnazzo;
120e Barbariccia guidi la decina.
     Libicocco vegn’oltre e Draghignazzo,
Ciriatto sannuto, e Graffiacane,
123e Farfarello, e Rubicante pazzo.
     Cercate intorno le boglienti pane:
costor sian salvi infino a l’altro scheggio
126che tutto intero va sopra le tane».
     «Oh me, maestro, che è quel ch’i’ veggio?»
diss’io; «deh, senza scorta andianci soli,
129se tu sa’ ir, ch’i’ per me non la cheggio!
     Se tu se’ sí accorto come suoli,
non vedi tu ch’e’ digrignan li denti,
132e con le ciglia ne minaccian duoli?»
     Ed elli a me: «Non vo’ che tu paventi:
lasciali digrignar pur a lor senno,
135ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti».
     Per l’argine sinistro volta dienno;
ma prima avea ciascun la lingua stretta
138coi denti, verso lor duca, per cenno;
     ed elli avea del cul fatto trombetta.