Pagina:Alighieri, Giuliani - Opere latine vol I - 1878.djvu/155

Da Wikisource.
136 DE VULGARI ELOQUENTIA.


dini per affermazione, come anc’oggi i Genovesi, usavano la parola deusci, che nella corrotta loro pronunzia vien appunto a significare di sì. E perciò non crederei che quella voce affermativa derivasse da «Deus scit» del Latino, poichè dal Volgo delle cittadinanze su mentovate eu proferendosi come e, e sci per , deusci vien per l’appunto a significare de (o di) . Quanto ad «oclo meo» (da «oclum» invece di «oculum» già usato da Ausonio), vale occhio mio, e «corada mea» (quasi «corculum meum») corrisponde a mio cuore, anzi al vezzeggiativo e sdolcinato coricino mio. Più minute ricerche su questi vocaboli e modi di dire non farebbero al nostro proposito.

13. Horum (Romandiolorum) aliquos a proprio (Vulgari) poetando divertisse audivimus, Thomam videlicet, et Ugolinum Bucciolam Faventinos. Di Ugolino, figlio di Alberigo Manfredi (Inf., xxxiii, 116), e soprannominato Bucciola o Buzzuola, il Crescimbeni nella sua Storia della Volgar Poesia riporta un Sonetto, indirizzato a Messer Onesto, poeta bolognese, e con tal principio: Mirai lo specchio chaverar notricha Li movimenti de’ quai siete avaro, ec. Questo saggio di rozza ed oscura poesia, che si trasse dalla Biblioteca Chigiana, riapparve nella Raccolta de’ Poeti del primo secolo della Lingua italiana, pubblicatasi in Firenze il 1816, poi nelle Rime antiche di Autori faentini, che il celebre e benemerito Zambrini diede alle stampe nel 1836. Oltrechè questi v’aggiunse un altro Sonetto, copiato dal Cod. Vaticano 3214, e che comincia: Odi del Conte ond’eo scender nego Effero in Truschana, ch’eo viva, ec. Ma, per verità, queste ruvide e incomposte Rime, se possono aver luogo in una Storia de’ principj e dei progressi della Volgare Poesia in Romagna, non ci porgono valida fede come Ugolino debba annoverarsi tra que’ buoni dicitori che parlavano cortigianamente. Rispetto a Tommaso di Faenza, il Perticari afferma che ci rimangono versi d’amore in assai colto stile, e contengonsi in tre Canzoni e cinque Sonetti. Fra i quali si riferisce quello stesso su riportato, che il Crescimbeni ascrive ad Ugolino, detto Bucciola. La terza di esse Canzoni, ad una coi cinque