Pagina:Alighieri, Giuliani - Opere latine vol I - 1878.djvu/235

Da Wikisource.
216 AVVERTENZA.


assai più tardi, e proprio tra il 1318 e il 1320. Certo, il secondo Canto del Paradiso e il quarto Capitolo del terzo Libro De Monarchia, mostrano già in Dante accolta e raffermata la stessa opinione intorno alle macchie ed alle influenze della Luna, contrariamente a ciò ch’egli aveva prima espresso nel Convito. Inoltre la Lingua, lo Stile e la forma dell’argomentare quivi, come risulterà ne’ Commenti, appariscono del tutto concordi a quanto può riscontrarsi nella Dissertazione De Aqua et Terra, impresa e sostenuta da Dante il 1320 nel tempio di Sant’Elena in Verona. Nel resto quella risoluta pacatezza e serenità dell’animo, que’ larghi e arditi disegni, quella sì meditata scienza e quell’inflessibile rigore di logica mi dànno certezza come gli dovesse premere d’assottigliarsi sull’ardua materia, quando il pregio de’ suoi concetti dottrinali poteva sospettarsi manchevole, sì per le ostinate contraddizioni, e sì per la mal prenunziata e poi fallita impresa d’Arrigo VII a salute d’Italia e per gloria delll’Impero. Diffidato frattanto di trovar modo per giovare ai contemporanei, pensava l’Allighieri d’ingegnarsi a dimostrare verità non ancora tentate: «intentatas ab aliis ostendere veritates,» per tramandarne ai posteri la salutevole dottrina. Ed ecco perchè si persuase di scrivere quel Trattato, che richiamerà sempre lo studio di quanti desiderano di conoscere più al vero gl’intendimenti civili e politici del Poema, cui posero mano Cielo e Terra. Ciò pur m’è sufficiente per indurmi a rivolgere sovr’esso le mie indagini più accurate e pazienti. Ben oso promettermi che queste, avvalorate dalle altre del Fraticelli, del Torri e del Witte che a tutti sovrasta, non torneranno discare nè disutili a chiunque ami davvero di ricercar Dante in Dante, e voglia quindi assicurarsi come il sapiente Autore siasi fatto commentatore di sè stesso.