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Pagina:Aliprandi - Apriti Standard !, Ledizioni, 2010.djvu/55

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Simone Aliprandi - Apriti standard! www.standardaperti.it - www.aliprandi.org -55


2. Gli standard aperti

Sulla base di queste riflessioni negli ultimi anni in seno al mondo dell’informatica (aziende produttrici, comunità degli utenti, teorici e osservatori) si è aperto un fervente dibattito sull’esigenza di dotarsi di standard che garantissero di per sé la massima trasparenza nel processo di adozione e che consentissero un libero accesso alla relativa documentazione, così da poter massimizzare l’obbiettivo dell’interoperabilità. Si viene così a delineare il concetto di standard aperto.

Per descrivere il fenomeno faremo riferimento ad alcune definizioni fornite da autorevoli fonti.

2.1. La definizione di Bruce Perens

Uno dei teorici più conosciuti a fornire una definizione chiara ed esauriente è stato Bruce Perens, informatico fra i massimi esponenti della comunità FLOSS e autore di diversi saggi divulgativi in materia.

Perens, all’apposita pagina del suo sito personale 1, fissa sei requisiti fondamentali per l’individuazione di uno standard aperto:

  • disponibilità (availability);
  • massimizzazione della possibilità di scelta dell’utente finale (maximize end-user choice);
  • nessuna royalty da versare per l’implementazione dello standard (no royalty);
  • nessuna discriminazione verso gli operatori impegnati ad implementare lo standard (no discrimnation);
  • estensibilità o scomponibilità in sottoinsiemi (extension or subset);
  • assenza di pratiche predatorie (predatory practices).

Questa definizione è ripresa in varie altre fonti, fra cui una ricerca condotta nel 2007 dall’UNDP (United Nations Development Programme), dedicata al tema dell’interoperabilità in fatto di e-government ed intitolata “New Guidelines on e-Government Interoperability Developed by Governments for Governments”. In uno dei documenti frutto della ricerca viene tuttavia segnalato come non ci sia un consenso unanime su tutti i requisiti proposti da Perens, ritenuti da alcuni un po’ troppo rigidi. Ci si riferisce più che altro al requisito del “no royalty” e alla considerazione per cui risulti eccessivo imporre un modello completamente royalt-free (cioè privo di diritti di sfruttamento economico), dato che - secondo alcuni - un modello in cui vengano imposte royalty, benchè a condizioni ragionevoli e non discriminatorie, possa essere un incentivo maggiore allo sviluppo e al mantenimento di uno standard.

  1. http://perens.com/OpenStandards/Definition.html.