Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/231

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le termopili valdesi 217

con un opuscoletto in mano, donato anche quello, un episodio, per lo più, della storia valdese, scritto e stampato apposta; che essi leggeranno poi cento volte, nelle lunghe serate d’inverno, dentro alle loro piccole case, mezzo sepolte nella neve.



Arrivammo a un gruppo di case, chiamato le Serre, posto sopra una bella altura, accanto a un tempio fondato nel 1555, e ricostrutto pochi anni sono; piccolo, tutto bianco, fiancheggiato da un campaniletto, con la candela emblematica dipinta sopra la porta. Dal piazzale del tempio, come da un belvedere, si domina tutta la parte bassa della valle, fino a Torre Pellice, che biancheggia laggiù alla sua imboccatura, come l’accampamento d’un esercito, preparato ad assalirla. I generali cattolici si debbono essere messi molte volte in quel punto per veder sfilare le colonne che andavano a tentar la presa di Pra del Torno. Di là si vedono i monti dell’altro lato della valle, vicinissimi, erti come muraglie, tutti vestiti di tigli, di faggi, di piccole quercie, di nocciuoli e di pruni, e rocciosi sulle cime: specialmente la Costa Roussina, sulla quale furono aspramente malmenati i soldati di Emanuele Filiberto, tutta scoperta e nuda, in maniera che vi si vedrebbero, anche dalle Serre, le vicende d’un combattimento di due pattuglie. Là pure c’era una pace profonda, e avremmo creduto di essere