Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/236

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222 le termopili valdesi

rovesci sulla valle d’Angrogna per aver ragione d’un pugno d’uomini spossati e senza speranze, che pure romperanno ancora una volta, prima di cedere, l’onda irruente dei battaglioni. E quella sarà festeggiata come una grande vittoria, tanto parrà strano a tutti, e quasi maraviglioso, di esser riusciti a ferir quel nemico nel “cuore;„ una grande vittoria.... simile a quella del marchese di Pianezza, quando mosse con ottomila soldati e duemila contadini contro i diciassette Valdesi di Rorà. Ma non era mica il pastore Bonnet che diceva queste cose, strada facendo: eravamo noi. Egli non vantò mai i suoi padri valdesi durante la passeggiata. Non faceva che dipingerci lo spettacolo solenne e lugubre che doveva presentare quella valle, quando, all’avvicinarsi d’un esercito, tutti gli abitanti dei luoghi vicini correvano a rifugiarsi a Pra del Torno; e per quella strada, e sulle cime dei monti, e giù lungo il torrente passavano famiglie dietro a famiglie, portando le loro robe e i loro malati, e da tutte le parti si sentivan cantar salmi e cantici, come da gente che andasse alla morte. E ci facevan tanto più effetto quelle cose per la maniera con cui le diceva, senz’ombra di retorica predicatoria, aggiustandosi ogni tanto il cappelletto di paglia gialla o il soprabito che s’era buttato sulle spalle, come un buon giovanotto, che ci parlasse amichevolmente d’un avvenimento doloroso della sua famiglia, non per cercare la nostra pietà, ma per espander la sua.