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Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/266

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252 alle porte d'italia

Niente di meno. Io stavo appunto rileggendo, per caso, quei quattro periodi in cui è così brutalmente strozzata la storia d’una vita di novant’anni, piena di grandi casi e di grandi dolori, quando entrarono nel giardino della villa una signora e una signorina, nostre amiche e vicine, ad annunziarmi che la superiora delle Salesiane aveva cortesemente acconsentito a ricevermi nel parlatorio, e a dirmi quanto si sapeva nel monastero intorno alla marchesa di Spigno. Era una graditissima notizia. Chi sa, pensavo, ch’io non riesca a fare almeno uno sbrano nel velo di mistero che copre quella benedetta marchesa, tanto discussa, tanto maltrattata, e così poco conosciuta! Perchè nè le storie di Casa Savoia, anche le più minute, nè il romanzo del Dumas, nè il racconto del Rabou, nè la novella storica del buon teologo Viglierchio, nè la bella monografia di monsignor Bernardi, nè gli altri scritti che trattano di quel periodo storico, ci danno più che delle congetture per quanto risguarda “il cor profondo„ e la giusta misura di colpevolezza della celebre signora; la quale non lasciò una sola lettera, ch’io sappia, in cui si riveli tutto o in parte l’animo suo, e neppure un suo sentimento passeggero. Quello che si sa di certo è che era bella “d’una bellezza ribelle agli anni„, come dice uno storico illustre, “pericolosa all’età prima e alla matura.„ E bisogna che fosse bella veramente, se, già vicina ai cinquant’anni, innamorò ancora d’un ardente amore Vittorio Amedeo, grande conoscitore, che aveva fatto un corso così vasto e splendido di studi, da madamigella di Saluzzo