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rale. Lo scopo di quella Scuola era il medesimo di quella d’ora; ma gli usi conformi ai tempi, che è quanto dire molto diversi. Gli ufficiali andavano a Corte al baciamano in calzoni bianchi, il professore di lingua francese e italiana aveva trenta lire di gratificazione ogni due mesi, e i cavalli invalidi erano dati ai frati, che ne facevano regolare richiesta a Sua Maestà. Ma non tutti gli usi eran diversi, poichè fin d’allora Sua Maestà voleva impedire le troppo frequenti corse degli ufficiali a Torino, dove par che smontassero in piazza Emanuele Filiberto, all’albergo della Rosa bianca, che fu celebre; e le brillanti scapestrerie non eran rare, benchè fossero scarsi gli allievi. Da questa piccola Scuola piemontese, durata un quarto di secolo, nacque più grande, arricchita di altri studi, e italiana, la Scuola di Pinerolo, a traverso alla quale, più volte ampliata, trasformata e ricorretta, passarono tutti gli ufficiali di cavalleria del nuovo esercito, dal più vecchio generale al più giovane sottotenente, tutti quelli venuti dall’esercito meridionale, o dall’austriaco, o da quello dell’Emilia. Nove comandanti, dei quali son raccolti i ritratti, come quei dei dogi di Venezia, in una sala del club, ancora minaccianti arresti e fortezze, si succedettero finora nella direzione di questa grande fabbrica d’ufficiali, che da trentasette anni lavora senza riposo. Ed ebbe anni di produzione copiosa e affannosa, nei quali i cavalleggeri, i lanceri, le guide, gli usseri uscivano rapidamente di sotto alle sue ruote, abbozzati appena, ma scintillanti d’entusiasmo, gettando il loro grido di guerra